
In psicologia da qualche anno a questa parte abbiamo iniziato ad usare il termine riparazione. Devo dire che me ne sono subito innamorata. Mi piacciono le parole che sembrano nate altrove. Preferisco riparazione a trauma, per esempio, anche se spesso le due parole sono collegate. Quando usiamo la parola riparazione la accompagniamo alla parola rottura. Rottura e riparazione hanno, insieme, un suono rassicurante, come a dire che a tutto c’è rimedio. Forse non è proprio esattamente così ma crederlo fa bene al cuore. Di sicuro tutti gli errori che hanno una riparazione tendono a concludersi invece che riprodursi. Detto in parole semplici ripetiamo quello che abbiamo bisogno di comprendere, conoscere, cambiare.
Il problema con queste parole è che molte persone hanno iniziato a pensare a sé stesse come se fossero oggetti da riparare con meccaniche difettose che, portate nella stanza della psicoterapia, sarebbero state aggiustate. Io la chiamo l’illusione della riparazione che arriva a farci pensare che in noi ci sia qualcosa di sbagliato, come un organo che non funziona. Solo che, nel caso della psicologia, l’organo è insostanziale e non si capisce bene dove si trova. Insomma abbiamo iniziato a pensare alla psicoterapia come ad un’officina dell’anima in cui tutti prima o poi dovrebbero andare per fare un tagliando o una revisione. Può darsi che ogni tanto un tagliando o una revisione siano necessari ma noi non siamo macchine da aggiustare e non siamo nemmeno sbagliati. Semplicemente rotture e riparazioni si succedono, proprio come le stagioni. L’autunno e l’inverno non sono meno necessari della primavera e dell’estate. La riparazione non significa che siamo rotti: significa che abbiamo sperimentato il dolore della disconnessione e che, per questa ragione, abbiamo bisogno di coltivare la possibilità di tornare insieme. Il dolore della dis-connessione è quello che proviamo quando ci allontaniamo troppo o troppo bruscamente da qualcuno che amiamo o da una parte di noi. Però ti avviso: esiste anche il dolore della connessione perché, a volte, stare insieme è difficile come scalare una montagna. Stare insieme a qualcuno che amiamo o stare insieme a qualche parte di noi può suscitare dolore. Così oscilliamo tra questi due dolori e in mezzo – più spesso possibile – proviamo la gioia della riparazione. Quando ci diciamo poche, semplici parole, “Va bene così, posso aprirmi anche con questa esperienza“, “Vado bene così, proprio così come sono“. Altrimenti l’idea di essere da aggiustare diventa la nostra via crucis senza speranza di resurrezione.
Gli ulivi
sono carichi
di grida.
Uno stormo
di uccelli prigionieri,
che muovono le loro lunghissime
code nell’ombra. Federico Garcia Lorca
Pratica di mindfulness: Be water
© Nicoletta Cinotti 2021 Reparenting ourselves
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