
Tutti noi abbiamo punti deboli: aree nelle quali siamo particolarmente sensibili. Nelle relazioni di coppia queste aree sensibili diventano ben presto patrimonio comune. Sappiamo molto bene quali sono i punti deboli nostri e altrui. Lo impariamo a nostre spese perchè, molto spesso, toccare un’area sensibile equivale a litigare. Piccoli o grandi litigi: piccole o grandi esplosioni.
Allora, voi direte, è semplice evitare di litigare: basta girare alla larga dalle aree sensibili. Basta mettere un cartello “Zona minata” e stare lontani. E invece non è per niente scontato che una coppia eviti le zone minate. A volte sembra che ci sia una deliberata intenzione di far esplodere qualcuno e ci mettiamo a pascolare proprio nella sua zona minata. Così, per cambiare un po’ aria. Le ragioni per cui lo facciamo – perchè tutti qualche volta entriamo deliberatamente in una zona conflittuale – possono essere molte. A volte lo facciamo perchè abbiamo bisogno di scaricare la tensione e la rabbia può sembrare un metodo rapido ed efficace per farlo. Altre volte per avere una sensazione di dominanza: se riesco a farti arrabbiare sono io che decido cosa proverai emotivamente. Altre volte infine perchè la rabbia e l’amore sono due sentimenti molto intimi. Tanto intimi che tutti noi probabilmente abbiamo imparato cos’è la rabbia dentro alla nostra famiglia.
Chi esplode poi può sentirsi umiliato dalla propria reazione e giudicarsi ingenuo come un pesce che abbocca all’amo. Non è ingenuità: dietro ai nostri sentimenti c’è un bisogno. E dietro alle aree sensibili c’è un bisogno ancora più grande perchè non trova risposta.
Il punto è un altro. Tutte le volte che facciamo esplodere una mina non rendiamo quell’area meno pericolosa. La rendiamo più pericolosa perchè coltiviamo uno stato emotivo non salutare e quella coltivazione non salutare – prima o poi – manifesterà le sue conseguenze che vanno al di là del momentaneo scoppio d’ira e arrivano fino alla perdita dell’amore.
Così, ogni volta che stiamo per entrare in un campo minato, potremmo chiederci “Ne vale davvero la pena?” “C’è un altro modo per ottenere quello che desidero?”. Potremmo accorgerci che dietro alla nostra rabbia c’è, inespresso, solo un bisogno di tenerezza. E che il modo per ottenere tenerezza non è quello.
Dice un poeta arabo che la felicità non è una meta da raggiungere ma una casa a cui tornare. Tornare… non andare! Dal film “La tenerezza” di Gianni Amelio
Pratica di mindfulness: La meditazione del lago
© Nicoletta Cinotti 2018 Radical Self expression
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