
Quando ascoltiamo una richiesta di aiuto possiamo avere diverse reazioni interne. Possiamo provare sollecitudine, oppure fastidio perché ci distoglie da quello che stavamo facendo. Tutto questo in una ampia gamma di sfumature. Nessuna giusta e nessuna sbagliata. Tutte personali. Sceglieremo noi se e quando intervenire. A volte la richiesta d’aiuto è percepita come impersonale o non diretta nei nostri confronti e quindi possiamo lasciarla sullo sfondo. Altre volte ci riguarda molto direttamente e possiamo scegliere di intervenire.
La sollecitudine che ci porta ad intervenire ha una certa quantità di ansia. L’ansia ci attiva e ci permette di dirigere l’energia verso un’attività diversa. È un’ansia che diminuisce solo quando la richiesta di aiuto è stata esaudita. Fino a quel momento il nostro sistema emotivo rimane “colorato” di ansia. Proprio per far spegnere quest’ansia a volte diventiamo molto solleciti se non addirittura preventivi. Diamo una risposta prima che ci sia stata fatta la richiesta.
La sollecitudine attiva anche un’altra emozione: la tenerezza. Ma se l’ansia è troppo forte la tenerezza – che è un sentimento lento – non ha modo di sorgere. Eppure è importante perché ci permette di essere coinvolti nel processo di cura dando qualcosa anche a noi stessi. Provare tenerezza in effetti calma, rallenta il battito cardiaco, ci lascia riposati, aperti e fiduciosi. Tutte belle sensazioni. Fin qui stiamo parlando di una richiesta d’aiuto che viene dall’esterno.
Il processo però è lo stesso anche quando la richiesta di attenzione, la ricerca di aiuto viene dall’interno. Da una parte di noi. Anche in quel caso possiamo essere disturbati perché “rompe i nostri piani”, i “nostri progetti”. Magari volevamo finire un compito ma ci sentiamo stanchi. Abbiamo bisogno di “staccare per riposarci”. Potremmo entrare in conflitto con questa richiesta e, senza accorgersene, questo farebbe aumentare la nostra dose di ansia. Perché te lo racconto? Perché almeno il 60% dei disturbi d’ansia incomincia così: abbiamo bisogno di qualcosa ma, anziché ascoltare il nostro bisogno con affettuosa sollecitudine, diventiamo ansiosi e ci consideriamo un disturbo, una palla al piede, un bambino capriccioso ed esigente.
Il circolo vizioso dell’ansia raramente inizia per grandi eventi. Inizia e si perpetua per la nostra insensibilità nei confronti di bisogni naturali e per la nostra difficoltà ad accoglierli. Come se avere qualche bisogno fosse inopportuno. O noi fossimo inopportuni. Per cui rispondiamo con generosità e magnanimità ai bisogni altrui e teniamo sotto le scarpe i nostri perché ci sembrano segno di debolezza.
La primavera è alle porte. Qualcosa di nuovo nasce ogni giorno. Cosa ne dici di far spuntare finalmente i bulbi dell’affettuosa sollecitudine anziché solo erbe selvatiche?
Che possa esserci gentilezza nel tuo sguardo quando lo volgi all’interno. John O’Donohue
Pratica di mindfulness: Intimi con il respiro
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