
I bambini hanno sogni grandi: vogliono portare la pace nel mondo. Oppure vogliono che tutti si amino. Io ho un sogno bambino che quindi è grande. Tanto grande da essere quasi irrealizzabile (forse).
Vorrei spegnere la voce autocritica: la mia e quella degli altri. Vorrei che Radio Critica – che diffonde notizie su tutte le frequenze – chiudesse le trasmissioni. Vorrei farlo in un modo salutare ed è questa la cosa difficile. Perché i modi insani di spegnere Radio Critica li conosco già tutti e li vedo applicati in me e negli altri ogni giorno. Posso fare una elenco breve ma compendioso:
- impegnarsi al massimo senza lasciarsi vivere,
- essere compiacenti per non farsi criticare,
- porsi degli obiettivi e non mollare.
- Sopportare il dolore senza piangere.
- Affrontare le difficoltà senza condividerle.
- Andare avanti a dispetto di tutte le circostanze,
- non concedersi errori o cedimenti
- non concedersi piaceri o distrazioni
- avere un sano rigore e una rigida morale
- alzare l’asticella sempre più in alto
- nascondere la fatica
- nascondere le emozioni
La lista sta diventando un po’ lunga ma potrei continuare. Molti di questi sforzi li facciamo per un’unica ragione: non sentire Radio Critica dentro di noi. Poi stamattina ho avuto uno spiraglio. Ho capito una cosa che non avevo mai visto. Ho sempre pensato che per spegnere Radio Critica fosse necessario provare compassione per la parte di me che ne è vittima. Certo quello male non fa ma il vero punto mi è sembrato un altro. È provare compassione per quella signora teutonica che abita dentro di me, quella che ha sempre un cappotto di doveri da cui raramente traspare la sua anima. Quella che mi guarda con disprezzo quando avrei bisogno di essere consolata. Quella che mi dice “poche storie, quelle le fanno i bambini”. Oggi l’ho guardata e l’ho vista tanto stanca, tanto dolente, tanto vecchia nella sua ripetizione della severità e ho provato per lei vera compassione e quella compassione, ad un certo punto, ha raggiunto tutte e due, vittima e carnefice, buona e cattiva. Tenera e severa. Perché alla fine ci separa solo un velo. E la compassione lo rende avvolgente come un incontro affettuoso.
Quando ci allontaniamo dal nostro stress, inevitabilmente abbandoniamo le persone amate proprio come abbandoniamo noi stessi. Ma quando ci volgiamo, consapevolmente e compassionevolmente, verso quello che proviamo, qualunque cosa sia, possiamo essere veramente presenti e vivi per noi stessi e per gli altri. Cristopher Germer
Pratica di mindfulness: Self compassion breathing
© Nicoletta Cinotti 2018 Cambiare diventando se stessi
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