
I desideri sono come motori: senza desideri non ci muoviamo, con troppi desideri il nostro movimento diventa compulsivo. Quando i desideri chiamano è difficile saper rispondere e distinguere i desideri salutari da quelli nocivi. Un po’ perché, come dicevo ieri, a volte c’è un‘inversione del desiderio che ci spinge a volere proprio quello che non ci fa affatto bene. Un po’ perchè niente più del desiderio ha il potere di ridurre la distanza tra il pensiero e l’azione.
In più usiamo il desiderio come forma di conforto e chi rinuncerebbe volentieri a quella che sembra una forma di conforto a buon mercato?
Così mi capita, proprio di mattina, di fare un giro sui siti che preferisco, raccontandomi che cerco qualche offerta speciale. In realtà mi sono accorta che lo faccio solo quando ho qualche dolore che incombe. Niente dolori, niente siti di abbigliamento. Mi sono anche accorta che i desideri non sono un vero problema ma il termometro della mia indulgenza. Esiste infatti il desiderio-premio che mi assegna l’indulgenza di fronte a grandi dolori: più è grande il dolore più budget-desiderio mi concedo.
È stata una scossa accorgermi, pochi giorni fa, che questo trucco da bambini non funziona più da tempo. Che i miei desideri sono diventati sempre più immateriali e quelli materiali, passati al vaglio di una mezza giornata, si dissipano velocemente. Non lotto contro i miei desideri. Li lascio prendere tutto lo spazio possibile e spesso, a quel punto, svaniscono e mi lasciano di fronte alla radice di tutti i miei desideri.Forse per ognuno di noi i desideri hanno una radice. Per alcuni è combattere il senso di solitudine, l’insicurezza, il senso di vuoto o la paura del futuro. La mia radice è la bellezza. La cerco e mi sfugge da sempre. Non c’è niente di male nel desiderare la bellezza. Il dolore è non accettare la sua continua impermanenza. il dolore è non riconoscere il segno della bellezza nei segni del tempo.
Le persone che hanno un gran successo nella professione perdono i propri sensi. (…) La vista se ne va: non hanno tempo per guardare le immagini. I suoni se ne vanno: non hanno tempo per ascoltare musica. La parola se ne va: non hanno tempo per la conversazione. Perdono il senso delle proporzioni. (…) Se ne va la loro umanità. Virginia Woolf
Pratica di mindfulness: La meditazione dello specchio
© Nicoletta Cinotti 2022 Verso un’accettazione radicale