
A volte con i miei pazienti faccio un piccolo gioco. Gli chiedo quanti anni hanno non riferendomi all’età anagrafica ma all’età percepita. Difficile che ci sia qualcuno che non capisca immediatamente il senso di quello che sto facendo, anche se sembra apparentemente assurdo.
Perché tutti noi sappiamo che l’età anagrafica è una cosa e l’età agita e percepita è un’altra. Questo è vero non solo per gli eterni Peter Pan – quelli che non vogliono invecchiare – e rimangono sempre un po’ bambini. È vero per tutti. Ci sono momenti in cui quello che emerge di noi è un aspetto antico, infantile o, all’opposto, vecchissimo. Perché dentro di noi la cronologia non esiste e passato e presente possono allegramente mischiarsi al futuro. È ciò che è significativo che rende attuali parti diverse di noi.
Nessuno può prescindere dall’aver in sé anche un bambino ferito e un adolescente ribelle e un vecchio personaggio che ammonisce e commenta gli eventi della nostra vita. Le nostre età sono tutte presenti e hanno bisogni diversi e, a volte, in contrapposizione. Solo che noi, un po’ arbitrariamente, decidiamo a chi dare ascolto e finiamo per penalizzare “le nostre parti giovani” come se fossero un segno di immaturità. È, invece, una richiesta di aiuto: ci chiedono di essere aiutati a crescere. Ci chiedono conforto.
È per questo che quando invecchiamo torniamo bambini: ci vogliamo giocare le ultime chance per prenderci cura del bambino che è rimasto inascoltato per tutta la vita. La buona notizia è che non è necessario aspettare di essere vecchi per farlo. Non è necessario aspettare la pensione. Ogni momento è buono e lui aspetta da tanto tempo e, a volte, nell’attesa, si imbizzarrisce e ci fa fare atti impulsivi. Non è lui l’impulsivo: è l’attesa senza fiducia che si realizzino i suoi bisogni la ragione che scatena l’impulsività. Dagli fiducia, dagli speranza. Fai una promessa e mantienila. Il Natale è anche questo: ci ricorda che attendiamo tutti l’arrivo di un bambino che rivoluzionerà il mondo.
Quando diciamo ascoltare con compassione, solitamente pensiamo ad ascoltare qualcun altro. Ma dobbiamo anche ascoltare il bambino ferito che è dentro di noi. A volte il bambino ferito in noi ha bisogno di tutta la nostra attenzione. Quel piccolo bambino a volte può emergere dalla profondità dell’inconscio e chiedere attenzione. Thich Nhat Hanh
Pratica di mindfulness: Self compassion breathing
© Nicoletta Cinotti 2019 Reparenting ourselves: Ritiro di mindfulness con Susan Bögels e Nicoletta Cinotti