
Qualche giorno fa parlavo con una collega di qualche anno più giovane di me. Scherzavamo su noi stesse e sulle nostre piccole manie e improvvisamente ho realizzato che molto spesso non è la mia voce auto-critica a mettermi nei guai. Quella mi disturba, mi tormenta. A volte è un po’ petulante ma quello che davvero mi mette nei guai è una voce seduttiva che mi fa credere che siano possibili cose che posso realizzare solo a patto di raschiare il fondo del barile della mia energia.
Non sono poi tanto diverse queste due voci, quella che mi critica e quella che mi blandisce. Hanno entrambe un piano. Nel caso dell’autocritica il piano è farmi migliorare con il bastone. Nel caso della blandizie è farmi migliorare con la carota. Il risultato non cambia. Così, ridendo e scherzando, la mia collega mi faceva da contro-canto. Io, diceva, mi convinco che sono stanca e che devo prendermi una pausa. Procrastino tutto quello che sarebbe necessario fare salvo poi svegliarmi di soprassalto nel cuore della notte, piena di sensi di colpa per non aver ancora fatto nulla. In fondo entrambe queste voci – quella che critica e quella che blandisce – ci offrono una versione genitoriale di noi stessi. E, proprio come i nostri genitori, usano la lode e il biasimo per convincerci a fare qualcosa. Realizzano entrambe due aspetti che portano sofferenza: ci lasciano aggrappati inutilmente a qualcosa di piacevole che non vorremmo finisse. Ci spingono a lottare contro lo spiacevole come se fosse possibile dirigere il mondo secondo la nostra volontà. Ci illudono che tutto dipenda da quello che facciamo o non facciamo.
C’è una alternativa. fare un passo indietro, guardare ed esplorare la loro voce e scegliere. Scegliere: voce del verbo libertà.
Paura e desiderio hanno la stessa radice. Speriamo ogni momento nell’arrivo di una persona che ci aiuti e ci protegga. Ci sentiamo ancora indifesi. Thich Nhat Hanh
Pratica di mindfulness: Consapevolezza del corpo
© Nicoletta Cinotti 2020 Scrivere la mente
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