
Qualche tempo fa ho incontrato una vecchia amica che non vedevo da tempo. Era sempre stata una persona un po’ depressa che aveva fatto della sua depressione uno stile ironico di lettura della vita. Incontrandola a distanza di due anni – dopo la nostra complicata pandemia – mi aspettavo di vederla nella sua forma consueta un po’ accentuata. Invece ho trovato una persona allegra, speranzosa, con progetti nuovi e voglia di fare. Immediatamente ho pensato che si fosse innamorata – perché l’amore è uno dei più potenti antidepressivi conosciuti – invece non era quella la ragione del miracolo. Aveva iniziato una terapia antidepressiva, nemmeno particolarmente forte. Non voglio entrare nella palude “farmaci sì-farmaci no” (è una palude che si presta ad un dibattito!) ma solo fare una riflessione su com’era cambiato il suo modo di pensare.
Era passata dalla visione blandamente catastrofista ad una sorta di serena prospettiva sul futuro. Ecco questo è proprio quello che succede ai nostri pensieri quando l’umore è basso: Iniziamo a vedere il lato oscuro delle cose e a cercare prove del fatto che tale visione pessimistica sia giustificata dalla realtà. E in effetti possiamo sempre vedere il lato oscuro: è presente come la notte e il giorno. Il problema è che è solo un lato e che, invece, quando siamo depressi diventa l’unico aspetto presente. La depressione ruba la gioia, questo è il problema. Rende più improbabile provare gioia e se dovessi dire questa mancanza di gioia condiziona in modo rilevante il modo di pensare, il funzionamento cognitivo e la memoria, che è piena solo di ricordi dello stesso tenore.
È per questo che innamorarsi è un antidepressivo: riporta la gioia in primo piano. Non è una cura sicura – non sappiamo mai se la dose consigliata sarà raggiunta e nemmeno conosciamo reazioni avverse ed effetti collaterali. Però sul momento funziona benissimo! Non importa nemmeno innamorarsi di una persona: anche un progetto, un’idea va bene. L’effetto collaterale dell’inizio è sempre la gioia!
In nessuna attività è buon segno se all’inizio c’è la smania di riuscire – emulazione, fierezza, ambizione, ecc. – Si deve cominciare ad amare la tecnica di ciascuna attività per se stessa, come si ama di vivere per vivere. Solo questa è vera vocazione e pegno di seria riuscita. In seguito potranno venire tutte le passioni sociali immaginabili a rimontare il puro amore della tecnica – è debito che vengano anzi – ma cominciare da loro è indizio di scioperataggine.Bisogna insomma amare un’attività, come se non ci fosse nessun altro al mondo, per se stessa. Per questo il momento significativo è quello degli inizi: perché allora è come se il mondo (passioni sociali) non esistesse ancora rispetto a quest’attività. Anche perché sono tutti capaci a innamorarsi di un lavoro che si sa quanto renda; difficile è innamorarsi gratuitamente. Cesare Pavese, Il mestiere di vivere
Pratica di mindfulness: Una pratica informale di felicità: intimi con il respiro
© Nicoletta Cinotti 2021 Mindfulness ed emozioni