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Quand’è che finisce un amore?

27/01/2022 by nicoletta cinotti

Succede che accompagni le persone verso la separazione così come succede che le accompagni verso la pacificazione. Faccio il “ponte” tra le due parti. Non sempre si tratta di coppie. A volte sono soci, a volte fratelli o sorelle (non avete idea di quanti liti fra fratelli esistano al mondo!). In questi casi, anche se davanti a me c’è una persona sola, immagino sempre anche chi sta dall’altra parte, giusto per riannodare i fili. Cerco di andare avanti fino a che andare avanti è sensato, perché l’accanimento terapeutico è sempre un rischio per tutti, anche per gli psicologi.

Così mi sono data un segnale: quando arrivo a quel punto capisco che non c’è più pacificazione da fare ma c’è da accompagnare verso un saluto. Il segnale che mi sono data non è l’intensità del conflitto (anche se quello è un segnale di pericolo) e nemmeno il vantaggio economico o relazionale del trovare una mediazione. Il segnale che mi sono data è se quelle persone hanno ancora una storia da raccontarsi. Perché quando una relazione finisce quello che succede è proprio che finisce la storia. Uno dei due – a volte entrambi – non hanno più una storia da raccontare che coinvolga l’altro. Le loro storie hanno preso direzioni diverse. Quello che è entrato nel mezzo è il silenzio della rottura.

Questo non significa, come spesso viene detto, che è importante “parlarsi”. Possiamo parlarci all’infinito e non avere una storia ma solo un disco che ripete sempre le stesse cose. Avere una storia significa avere un passato alle spalle che spinge a qualcosa di costruibile e non ancora costruito. Avere un presente che orienta al possibile. Avere ancora qualcosa da scambiarsi. Qualcosa che, passando da una mano all’altra, ci torna indietro con qualcosa in più e noi lo restituiamo con un’ulteriore aggiunta. Penelope ha potuto aspettare Ulisse perché aveva una storia da raccontargli, anche se lui non c’era. E lui è tornato a casa perché quella era la sua storia, una storia che non poteva finire su altre spiagge

Quando non abbiamo più storia entriamo in un silenzio che non ha uguali: devi averlo ascoltato una volta per sapere quanto è profondo. È il pozzo in cui finiscono tutte le storie e accettare quel silenzio non è facile perché ci sprofondi dentro. Non è facile perché raramente la storia finisce contemporaneamente. Così uno dei due rimane a parlare nel vuoto, con tutte le sue parole che non trovano più ascolto.

Quella però non è solo la fine: è il momento in cui iniziare ad ascoltarsi. Il momento in cui riprendere il filo delle nostre storie interrotte e riannodarle alla trama della nostra vita. Ognuna di queste storie ci ha insegnato qualcosa. Ognuna di queste storie ci ha spinto in una direzione diversa. Dobbiamo solo fare un passo: un passo nuovo

Pratica di mindfulness: Non sapere è la più grande intimità

© Nicoletta Cinotti 2022 Training internazionale in Mindful Parenting

 

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