
Quando sorge la nostra voce autocritica siamo in una posizione paradossale: quella di vittima e carnefice insieme. Siamo noi che agiamo un rimprovero nei confronti di noi stessi, con parole che possono essere anche molto aspre. Nello stesso tempo siamo vittime, senza vie di fuga perché quella voce è la nostra. Come possiamo compiere un simile misfatto?
È semplice: abbiamo fallito in qualcosa e ci vediamo senza intimità, con gli occhi che, immaginiamo, potrebbe avere un giudice esterno. In particolare abbiamo fallito in qualcuno degli obiettivi, piani, progetti, sogni che avevamo stabilito per noi. E usiamo la stessa strategia che usiamo quando abbiamo un nemico esterno: attacchiamo. Solo che quel nemico, stavolta, siamo noi.
Ecco perché è così fertile praticare mindfulness: sviluppando la nostra capacità di intimità con l’esperienza riduce il rischio di un attacco contro di noi, semplicemente perchè sviluppiamo più intimità con noi stessi. Perché dietro alla nostra autocritica sta l’unico ingrediente che garantisce un attacco senza pietà: l’estraneità.
È solo perché siamo momentaneamente estranei a noi stessi che possiamo trattarci come se fossimo il nostro peggior nemico. C’è chi, in questo attacco si spinge su posizioni estreme. Chi è più mite. In ogni caso credo che non faremmo mai quello che facciamo a noi stessi se fossimo davvero capaci di provare affetto nei nostri confronti. Così, ogni volta che sorge l’autocritica, perché non provare a guardare a noi stessi come se fossimo un figlio in difficoltà, un amico che ha sbagliato. Una qualunque delle persone a cui vogliamo bene. Potremmo così accorgerci quanto può essere grande la distanza che abbiamo costruito da noi e, come Pollicino, tornare indietro, tornare a casa, tornare a noi.
La voce interiore dell’inadeguatezza ci costringe alla resa; ci ritraiamo incapaci di dare e ricevere quell’amore che ci renderebbe liberi. La brama di non essere ci impedisce di accedere alla medicina più necessaria per il cuore: l’accettazione piena del presente. È come trovarsi sotto un acquazzone nel deserto e morire di sete, guardando l’acqua che scompare nella sabbia. Tutto ciò che ci serve è aprire le mani per ricevere l’amore che vorremmo disperatamente. Gregory Kramer
Pratica di mindfulness: Intimi con il respiro
© Nicoletta Cinotti 2021 il protocollo di mindfulness interpersonale