
Passiamo la vita senza sapere molto. E cercando di sapere il più possibile. Ieri mattina cercavo di capire chi aveva vinto le elezioni americane, cosa diceva il DPCM che era atteso e improvvisamente mi sono resa conto che quell’azione – il cercare di sapere – occupa un sacco di spazio nella mia vita. L’ho fatto più volte durante la giornata. Cercavo gli aggiornamenti e mano a mano che gli aggiornamenti tardavano cresceva una sensazione di delusione e ingiustizia. Come se non fosse giusto aspettare così tanto. Chissà com’è essere americani oggi. Con una epidemia che galoppa e un presidente che dichiara di aver vinto prima di saperlo. Forse, mi sono detta, anche lui non tollera l’incertezza. Oppure fa l’altra cosa che facciamo quando non sappiamo: pretendiamo di sapere e copriamo tutta la nostra insicurezza con una verità assoluta e senza repliche. Di sicuro Biden ha detto una cosa saggia. bisognerà avere pazienza. Ecco pazienza e conoscenza sono sempre una a braccetto all’altra.
Cercare di sapere occupa un sacco di spazio nella vita di tutti. Tanto più in questo periodo e in questi momenti. Come se sapere desse una qualche forma di sicurezza. Una certezza su come si svolgerà il futuro. Poi il futuro arriva e se non è come lo aspettavamo ci sentiamo impreparati, sguarniti, come se non fossero state rispettate le regole del gioco. Diciamolo a noi stessi – e forse anche agli altri – sono molte di più le cose che non sappiamo che quelle che sappiamo ed essere preparati non dà nessuna garanzia sullo svolgimento delle cose. Alla fine quello che è davvero utile è sapere dove siamo noi e, se ci siamo persi, rimanere fermi, in attesa di ritrovarci.
In questi mesi ho cercato di “sapere” il più possibile sul virus, su come funziona, cosa succede quando arriva, come si trasmette. Poi ho capito: ho capito che cercavo di mettere fine all’insicurezza, non stavo facendo nient’altro che questo. Cercavo un terreno sicuro – quello della conoscenza – su cui poggiare i piedi. Certo, qualcosa ho imparato ma una volta di più ho capito quanto la conoscenza sia mobile come la risacca e altrettanto difficile da afferrare.
Alla fine l’unica conoscenza sta nel sapere dove sono. Anch’io un’onda in movimento, verso una fine nota e nello stesso tempo imprevedibile. Ma c’è una cosa che spero di non dire mai: spero di non lamentarmi mai di non essere stata preparata. Che non lo sapevo che le cose sarebbero andate così. Perché non c’è nessuno che ha il dovere di prepararci ma tutti noi abbiamo la possibilità di essere presenti nella vita e nel mondo.
Fermo in piedi, in silenzio. Gli alberi davanti a te, i cespugli a fianco
non sono spersi. Dovunque tu sia si chiama – qui -;
devi trattarlo come uno straniero potente,
devi chiedere il permesso di conoscerlo e di lasciarti conoscere.
Il bosco respira. Ascolta. Dà risposte:
“Ho creato questo luogo attorno a te,
se te ne vai puoi tornarci anche solo dicendo qui”. David Wagoner
Pratica di mindfulness: Incontrare la resistenza
© Nicoletta Cinotti 2020 Il protocollo MBCT