
Praticamente l’80% delle cose che mi piacciono sono il 100% della fonte dei miei problemi. Non pensare che ami cose particolarmente pericolose o al limite della salute (fisica e mentale). Mi piace tantissimo la liquirizia – che mi alza la pressione e il cortisolo – mi piace tantissimo stare sul divano a leggere – ma non faccio abbastanza movimento – detesto prendere il sole – ma mi manca il calcio e così via in una specie di lista di cose assolutamente normali che, però, nel mio caso, diventano fonte di problemi.
Perché? Perché mi manca la moderazione. Non mangio una liquirizia ogni tanto ma, se ho un pacchetto di liquirizia purissima e amarissima, posso finirlo in un batter d’occhio. Non leggo un libro ogni tanto sdraiata sul divano. Passerei la vita a leggere. Non sto all’ombra ogni tanto: evito il sole come la peste perchè il riflesso mi impedisce di leggere (eh sì, proprio così). Insomma tutte le cose che mi piacciono non mi farebbero male se avessi un po’ di moderazione.
Una volta Joseph Goldstein, un maestro di meditazione americano, raccontava che alla mensa del centro di Barre c’erano degli spinaci al sesamo: uno dei suoi piatti preferiti. Evidentemente non era solo uno dei suoi piatti preferiti perché accanto al vassoio c’era un cartello con su scritto “Moderation please. Per favore moderazione nelle porzioni!”. Così Joseph arrivò al vassoio e decise che la quantità che si era messa nel piatto era sufficientemente moderata. Solo che poi, arrivando al tavolo, non potè fare a meno di vedere che la sua moderazione era comunque una quantità molto maggiore di quella degli altri.
La moderazione è così, molto relativa e molto legata al piacere. Più una cosa ci piace più ci sembra che, in fondo, ne facciamo un uso moderato. Mentiamo con innocenza (siamo sicuri di essere proprio innocenti?) a noi stessi. Non sono solo gli alcolisti che giustificano il “goccetto”. Su quello che ci piace siamo spesso così: giustifichiamo la nostra mancanza di moderazione minimizzando. Peccato che poi le conseguenze non siano così minime! Dev’essere per questo che quando parliamo di piacevole e spiacevole, capiamo tutti benissimo l’argomento mentre quando parliamo di “neutro” diventiamo parecchio confusi. Cos’è il neutro nella percezione? Dovremmo vivere una vita beige per essere in contatto con il neutro? Mi dispiace ammetterlo ma neutro è avere moderazione sia nel piacere che nel dispiacere. Non drammatizzare e non esaltarsi. Avere, in una parola, uno sguardo equanime.
Obiettivamente so già che il biancore delle mia pelle continuerà a rivelare che non sono moderata, però, giuro, sull’equanimità cerco di impegnarmi molto!
Pur essendone spesso tentati, non ci si può limitare a pensare di aver capito come comportarsi consapevolmente e accantonare questa capacità per utilizzarla solo nelle occasioni più importanti. La forza di queste circostanze, infatti, è tale da sopraffare immediatamente voi e le vostre idee romantiche sull’equanimità e la padronanza nella pratica di consapevolezza. La pratica meditativa corrisponde al lavoro lento e disciplinato dello scavo delle trincee, del coltivare le vigne o prosciugare uno stagno con un secchio. Il lavoro dei singoli momenti e il lavoro di una vita intera diventano tutt’uno. Jon Kabat-Zinn
Pratica di mindfulness: La meditazione della montagna
© Nicoletta Cinotti 2020 56 giorni per la felicità