La cefalea può essere la manifestazione di un processo intracranico o la conseguenza di altre affezioni.Tuttavia la maggior parte di quelle che il medico generico si trova ad affrontare sono cefalee “essenziali”.
Dai numerosi studi condotti da un punto di vista psicosomatico sugli aspetti psicodinamici delle cefalee e delle emicranie emergono tre dati fondamentali:
• la presenza di conflitti tra istintualità e ragione;
• la repressione del mondo istintuale in generale e delle sue valenze aggressive in particolare;
• la sopravvalutazione della funzione del pensiero e la sua inibizione durante l’attacco cefalalgico.
Il conflitto tra istinto e ragione
Il conflitto tra istintualità e ragione – dai risultati di una vasta ricerca decennale Angel Garma – si esprime attraverso due aspetti: la vasocostrizione e la vasodilatazione. Soprattutto per quanto riguarda i disturbi a sfondo vasomotorio, il momento iniziale della vasocostrizione costituisce un tentativo di difesa da contenuti angoscianti, che si realizza sia sul piano psichico con un irrigidimento della coscienza contro l’emergere di immagini, pensieri, fantasie disturbanti provenienti dall’inconscio; sia sul piano organico con una contrazione delle pareti vasali. Il successivo momento di vasodilatazione rappresenta un ulteriore tentativo di difesa-elaborazione del conflitto avvicinabile a quello messo in atto dall’organismo in caso di infezione.
Sul piano organico il processo vede un’eccessiva riduzione o un eccessivo aumento del flusso sanguigno, analoghi sul piano psichico ad una repressione/esplosione dell’energia libidica.
Mal di testa e repressione dell’aggressività
Altri autori vedono invece nell’attacco cefalico-emicranico il risultato di un atteggiamento cronico di repressione dell’aggressività. Alexander scrive: “L’avvio comune ad un attacco di emicrania è lo stato di collera represso”. Secondo Alexander un atto aggressivo prevede una preparazione ideativa, poi un coinvolgimento vegetativo, infine una realizzazione muscolare. La repressione può intervenire su ognuna di queste fasi: qualora sia inibito il pensiero aggressivo comparirà un’emicrania, qualora sia già iniziata la fase di preparazione vegetativa l’inibizione dell’aggressività comporterà un innalzamento della pressione arteriosa, se è inibita solo la realizzazione concreta, muscolare, dell’azione si svilupperà solo una sintomatologia artritica.
Inibizione del pensiero
Nei soggetti affetti da cefalea ed emicrania esiste secondo gli autori un’ipervalutazione delle attività logico-razionali coscienti nella gestione dei conflitti e in generale nell’approccio alla realtà esterna. Il mentale è ipertrofico, “pensare” è la facoltà preferenzialmente usata e più altamente valutata. Il blocco del pensiero realizza la difesa della coscienza da contenuti vissuti come pericolosi.
Secondo Marty in caso di emicrania siamo di fronte ad una “difesa d’emergenza” verso un determinato contenuto, mentre nel caso delle cefalee croniche persistenti l’intera funzione del pensiero risulta costantemente inibita.
• Il paziente cefalalgico o emicranico privilegia la “dimensione del capo”, dell’intellettuale, del razionale e con essa cerca di controllare il mondo istintuale.
• Tale controllo finisce per inibire l’espressione delle pulsioni soprattutto di quelle più “sanguigne”, calde, come l’aggressività e la sessualità.
• L’attacco emicranico rappresenta il momento acuto del conflitto tra le pulsioni istintuali che cercano di emergere e la coscienza che si oppone ad esse.
Terapia
• PSICOTERAPIE di breve durata di ispirazione psicoanalitica talvolta bastano ad allentare la rigidità del paziente comportando l’attenuazione e persino la scomparsa totale del sintomo: il dialogo psicoterapeutico sarà incentrato sul sentimento di colpa e le eccessive esigenze dei malati nei propri confronti. Anche la classe d’esercizi bioenergetici può essere un valido aiuto per la riduzione della tensione.
• TECNICHE DI RILASSAMENTO: 1) decondizionamento o biofeedback, quest’ultimo agisce mediante un allenamento al controllo della vasocostrizione o della muscolatura, per esempio dei muscoli frontali e della nuca; 2) distensione immaginativa con cui si riporta a livello verbale quello che stato vissuto a livello corporeo.
- Tra le tecniche di rilassamento possiamo anche inserire i protocolli mindfulness per la riduzione dello stress, come il protocollo MBSR o il protocollo MBCT.
• IPNOSI: per mezzo di tecniche che perseguano la finalità di: distrarre l’attenzione, modificare la percezione, ridurre la tensione, produrre favorevoli modificazioni dello schema corporeo, favorire l’acquisizione di nuove capacità sia intra- che extra ipnotiche, anche utilizzando i “compiti postipnotici”, cercando di mettere il paziente in grado di realizzare quanto occorre tramite l’apprendimento dell’autoipnosi.
• OMEOPATIA: un approccio omeopatico al problema cefalea non può prescindere da un discorso generale di individuazione del “simillimum”del paziente, dalla comprensione cioè del disagio che l’individuo esprime primariamente con la cefalea, ma che ritroviamo per analogia in tutti gli altri suoi sintomi, siano essi fisici o mentali come nei suoi sogni o nelle sue modalità d’essere solo toccando con il farmaco simile il nucleo profondo del paziente e ristabilendo quindi il nucleo perduto, il sintomo cefalea verrà risolto insieme a tutti gli altri di quel paziente in modo stabile.
Chi soffre abitualmente di cefalea
Chi soffre abitualmente di cefalea rivela di avere con il mondo un approccio soprattutto mentale.
Sentirsi la testa pesante indica sovraccarico di pensieri e di preoccupazioni, un dolore pulsante indica un contenuto istintuale che tenta di farsi largo nella coscienza, le fitte rappresentano il pianto di chi non riesce a liberarsi della propria razionalità. Il dolore occipitale rappresenta il peso delle responsabilità, il dolore frontale un esagerato utilizzo della razionalità,il dolore di una metà della testa una parte di sè che soffre.
Ogni questione viene sottoposta a un’analisi impietosa e rigorosa: non si smette di pensare fino a quando non se ne viene a capo, ossia non si arriva a una conclusione o a una definizione, in genere rigida, che esclude la possibilità che vi siano modi diversi di vedere la realtà. Chi soffre di cefalea punta sempre alla perfezione e ha aspettative alte, specie verso se stesso. È molto severo e attento al giudizio altrui, teme di sbagliare e considera qualunque errore come una colpa o una vergogna. Nulla viene lasciato al caso, ogni gesto diventa una performance che finisce col perdere di vista l’obiettivo concreto e i desideri più elementari.
L’ipertrofia della ragione
Molto formale nei modi, il cefalalgico tiene a fare buona impressione sugli altri, si sente piuttosto a disagio quando è al centro dell’attenzione, preferisce passare inosservato e dare un’immagine di normalità. Molto del suo formalismo è dovuto a un’educazione rigida. Difficilmente chi soffre di cefalea si tira indietro quando c’è bisogno di lui. La sua disponibilità nei confronti degli altri però non è gratuita; spesso il favore più che all’altro lo fa a se stesso: se è lui a far le cose può controllare come vengono fatte. Ecco perché buona parte dei suoi interventi o dei gesti di abnegazione, più che da una genuina disponibilità, nascono dal desiderio di fare le cose come si deve, ossia a modo suo. Chi soffre di cefalea non lascia cadere tende a essere piuttosto rancoroso. Difficilmente però riesce a esprimere ciò che sente: piuttosto a forza di trattenersi, sbotta. Ci troviamo di fronte a una persona istintiva, ma suo malgrado compressa da schemi di razionalità e autocontrollo che la bloccano. A soffrirne è la testa. L’ipertrofia della ragione è quindi un meccanismo di difesa che un soggetto intelligente e dotato mette in atto per difendersi da emozioni che non sa come maneggiare e teme di lasciar fluire.
© Luisa Merati 2015
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