
La nostra fiducia che capire significhi cambiare è quasi sconfinata. Non funziona però ci crediamo e cerchiamo di capire sempre di più, sempre meglio, quello che ci succede. Eppure non funziona lo stesso. Continuiamo a fare gli stessi errori, continuiamo ad avere gli stessi dolori. Qual è la chiave per uscir dal labirinto? Dov’è la nostra Arianna, quella che ci può portare fuori? E soprattutto come fare per non essere divorati dal Minotauro della nostra ansia, paura e rabbia?

Consapevolezza e accettazione
La pratica di mindfulness insegna a coltivare due qualità: la consapevolezza e l’accettazione dell’esperienza. Prima è necessario diventare consapevoli di quello che c’è dentro di noi (e fuori di noi) e poi ci invita ad accettarlo. Qui inizia la prima frizione perchè anche la pratica di mindfulness è spesso portata avanti proprio con la segreta speranza di cambiare noi stessi e, possibilmente, di cambiare il mondo. È una speranza segreta perchè lo sappiamo che questa lotta non ci fa bene. Quello che non sappiamo è che effetto fa questa lotta, silenziosa e ribelle, contro la realtà. Perché ha un nome: si chiama resistenza. E ha una sede: i nostri processi di pensiero. “Ragionare” sull’accettazione non fa molto bene. Fare esperienza dell’accettazione nel corpo e nel cuore invece sì.
È quello che facciamo quando passiamo dalla teoria alla pratica. In particolare alla pratica di mindfulness che parla ad una mente che non è localizzata nei pensieri ma anche nel corpo e nel cuore.

La resistenza
La nostra mente funziona per contrapposizioni. Se ci imponiamo qualcosa – per esempio di cambiare – una parte di noi raccoglie l’opposizione a quel cambiamento e si organizza in modo opposto. Non ho mai avuto tanta voglia di mangiare le patatine fritte come quando mi hanno detto che avrei dovuto eliminarle dalla mia dieta. La parola magica che organizza le forze della resistenza è “dovere”. Datemi un dovere e una parte di me cercherà di fare l’opposto.
La resistenza è proprio questo: il nostro rifiuto ad accettare la realtà così com’è. Non possiamo trasformare l’accettazione in un dovere mentale perchè l’effetto sarebbe coltivare la nostra resistenza. È necessario coltivare l’accettazione nella pratica, nel luogo in cui l’esperienza si realizza: nel corpo e nel cuore. La mente organizza la resistenza ma il corpo e il cuore si fidano di quello che sentono e gli fanno spazio
Le emozioni della resistenza
Le emozioni della resistenza vanno tutte sotto un grande cappello: avversione. Tutte le volte che proviamo avversione per quello che succede sappiamo che stiamo coltivando la nostra resistenza. Cosa facciamo allora? Niente, o meglio niente di combattivo. Riconosciamo la resistenza nominandola (permesso di vedere), riconoscendo e validando il nostro diritto a provare quello che proviamo (permesso di sentire), dando un nome alle emozioni e alle sensazioni fisiche, un nome preciso e gentile (permesso di esprimere) e poi andiamo semplicemente avanti, senza aggrapparsi alle nostre mire di cambiamento che in genere sono una litania. Esempi di famose litanie? “Non dovrei sentirmi così—–se mi sento così vuol dire che devo cambiare——magari non cambierò mai—–oppure—–farò di tutto per cambiare —— diamo un voto al cambiamento—— non sono cambiat*. Qual è la tua litania?

Accettare significa darsi tre permessi: il permesso di vedere che è la consapevolezza, il permesso di sentire le nostre emozioni, il permesso di esprimerle a noi stessi nominandole. Poi sceglieremo come realizzare nella nostra vita questi tre permessi. Spesso diffidiamo delle nostre emozioni perchè non apprezziamo come ci comportiamo quando le proviamo. La consapevolezza aiuta a distinguere tra emozione e comportamento.
[box] Una definizione.
La resistenza è il conflitto che si crea quando crediamo che la nostra esperienza debba essere diversa da come è.
La resistenza è alla base del disagio emotivo e del senso di inadeguatezza.
Quando diventa avversione per noi o per il mondo è alla base della depressione.
Quando diventa paura per quello che potrebbe succedere è ansia.[/box]
La resistenza e lo stress
Quando siamo in una situazione stressante è più facile che si attivi la nostra resistenza. La resilienza è la capacità di rispondere in modo efficace allo stress acuto e anche a quello cronico. Quando il nostro stress cronico è prolungato è possibile che la nostra resilienza diventi resistenza, ossia una lotta per realizzare qualcosa che ci sfugge dalle mani. È un equilibrio instabile quello che permette di non trasformare la resilienza in resistenza che necessita di un ingrediente che non sempre apprezziamo: tollerare l’incertezza. Più siamo in grado di perdere e di tollerare l’incertezza, più rimaniamo resilienti senza diventare resistenti.
Il protocollo MBSR offre un intervento dedicato per questo tipo di resistenza
La resistenza e il dolore
La resistenza amplifica il dolore per quello che è accaduto trasformandolo in sofferenza. Se il dolore è la risposta fisiologica ad un evento difficile e in desiderato, la sofferenza è la lotta perché non accettiamo che le cose siano andate proprio così in un’alternanza di biasimo tra noi e gli altri. Ci rimproveriamo di aver sbagliato, svalutandoci e rimproveriamo gli altri di averci ferito. Come dice Shinzen Young sofferenza= dolore x resistenza. Questa qualità di sofferenza è alla base di molti disturbi emotivi. È alla base della depressione e dei disturbi ansiosi.
Il protocollo MBCT è il protocollo base per lavorare su questo tipo di resistenza

Madame ansia e la ricerca di sicurezza
Se dovessi dire a cosa somiglia l’ansia direi che assomiglia ad un vulcano. Può essere dormiente per molto tempo o sempre un po’ in attività. Le piccole eruzioni servono a mantenere l’equilibrio e le bocche laterali non vanno mai ostruite. Le peggiori eruzioni sono quelle improvvise, che assomigliano tanto ad un attacco di panico e, malgrado tutto, vivere visino ad un vulcano ha dei vantaggi.
La nostra ansia è così: necessaria e pericolosa solo se e quando supera il livello di guardia. Ci sono persone che sono più sensibili all’ansia e altre apparentemente immuni fino a che arriva un attacco di panico. Una cosa è certa: combattere l’ansia con la ricerca di sicurezza è come tappare una bocca laterale del vulcano.
Più riusciamo ad aumentare la finestra di tolleranza dell’incertezza, più riusciamo a convivere con la nostra ansia. L’ansia è una lente di ingrandimento delle sensazioni fisiche ed emotive. Per questa ragione è importante distinguere le nostre “emozioni selvatiche”. Se non sappiamo distinguerle e guardarle con coraggio vanno ad alimentare la forza dell’ansia. La sicurezza non può essere cercata negli eventi esterni ma nel nostro radicamento. Se siamo radicati diventiamo solidi e coraggiosi come elefanti. Se cerchiamo di lavorare perché la nostra sicurezza sia esterna possiamo soffrire qualsiasi cambiamento imprevisto.
Questa è la ragione per cui suggerisco di partecipare ad Emozioni selvatiche: un programma per elefanti coraggiosi se abbiamo già fatto un protocollo mindfulness. Perché in questo modo coltiviamo la ricerca di una sicurezza interna e non esterna. È la sicurezza interna quella che può darci libertà dall’ansia.
L’ansia e il ritorno di fiamma
Nella nostra ricerca di sicurezza usiamo spesso un piccolo grande trucco: nascondiamo o dissociamo le emozioni scomode. Sul momento può funzionare ma, alla lunga, è doloroso e improduttivo perché quello che abbiamo evitato torna con forza maggiore. Più cerchiamo di allontanarlo e più ritorna.L’importante è comprendere che sentire è parte integrante del processo di guarigione e che possiamo guarire solo ciò che sentiamo. Alexander Lowen usava un esempio che trovo meraviglioso. Quando siamo congelati non sentiamo freddo. Ci accorgiamo del freddo quando iniziamo a scongelare. È importante non combattere quella sensazione di freddo ma accoglierla come un elemento fondamentale della nostra guarigione. Ci siamo dati il permesso di sentire e quindi sentiamo anche quello che avevamo evitato di sentire. Non ne usciremo più rotti ma più forti se accogliamo con gentilezza e compassione il nostro dolore. Un dolore che viene a galla perchè abbiamo aperto le porte del cuore per far entrare l’amore nei nostri confronti. Quando il dolore esce lascia finalmente all’amore lo spazio per entrare!
© Nicoletta Cinotti 2021