
La mia vacanza è sempre anche un’occasione per leggere i libri messi da parte durante l’anno. Li metto in pile ordinate in ordine in base alla curiosità cronologica. Un ordine che in genere rispetto con poche variazioni. Questo libro, uscito a fine luglio, li ha sorpassati tutti. Un po’ perché ho conosciuto l’autore, un po’ perchè quest’anno l’incertezza è stata una vera compagnia. Complice la pandemia, la salute precaria di qualche familiare e il desiderio di cambiare qualcosa senza essere bene sicura che cosa ho davvero voglia di cambiare.
La prima risposta Tetsugen Serra me l’ha data subito, nelle prime pagine, ” Se non riesci a produrre e ad accettare una tua nuova e vera scelta, fermati e rimandala”. Ecco, mi sono detta, vaneggio di cambiamenti perché vorrei tornare ad un senso di sicurezza e certezza che avevo prima della pandemia. Una pandemia che si prolunga e ci sorprende con sempre nuove varianti. Vuoi vedere che questo rimanere nell’incertezza è la cosa più saggia che sto facendo? E se il punto fosse, invece, prendere questa incertezza come una opportunità? A questa domanda Tetsugen Serra risponde che sì, l’incertezza è una grande possibilità che ha la forza di toglierci dall’illusione di sicurezza alla quale a volte ci aggrappiamo, per metterci di fronte alla nostra possibilità di vivere liberi dal conosciuto. Un’incertezza non tanto velata dalla perdita ma dalla possibilità. Un’incertezza che oserei definire più felice che spaventata e tremante: fermarsi e capire dove siamo è già un grande passo di crescita. L’originalità della visione che il libro propone non si ferma qui. L’incertezza diventa uno strumento fondamentale per trovare la nostra vera vocazione, spesso sacrificata per far fronte alle circostanze e il libro ci accompagna a farlo affrontando i tre veleni – avidità, attaccamento e ignoranza – e aprendo la mente sul ruolo che hanno controllo e aspettative nel generare un’incertezza sterile, l’incertezza del voler sapere prima cosa succederà. Il futuro non è previsione: è fiducia.
Ma come facciamo a ritrovare la nostra vera vocazione, come possiamo fare per incontrare il nostro Daimon, come direbbe James Hillman? Facendo silenzio, lasciando il pensiero compulsivo, quello che cerca affannosamente una soluzione e, in quello spazio vuoto, imparare ad ascoltarsi.
Ascoltarsi, prosegue l’autore, in una delle parti più belle del libro, non vuol dire capirsi. Capire molto spesso è il sorgere dei giudizi e del già conosciuto. Ascoltarsi vuol dire accettare di fare spazio a quello che emerge ed esplorarlo lasciando che il processo della comprensione sia successivo a quello dell’ascolto. A volte può richiedere anche molto tempo arrivare ad una comprensione autentica, a volte alcune cose rimangono incomprensibili (e questa forse è l’incertezza più difficile da tollerare!). È proprio l’interpretare la realtà sempre nello stesso modo, anche quando si presenta palesemente diversa, che ci preclude una visione più ampia.
L’uomo che muove una montagna inizia portando via piccole pietre…Non importa quanto lentamente va fino a quando non si ferma. Confucio
Il punto è – e qui lo zen è molto vicino alla bioenergetica – capire cosa sta dietro alle nostre ansie e alle nostre paure e per farlo non basta la mente, abbiamo bisogno del corpo e del cuore. L’invito è a fare in modo che la consapevolezza non sia sinonimo di controllo ma di presenza mentale di fronte alla realtà.
Si tratta di imparare a guardare il futuro come fiducia, come sfida per costruire la nostra identità: abbiamo bisogno di futuro quanto dell’aria che respiriamo, e lo creiamo con la pazienza di stare nell’oggi e con la nostra creatività, le nostre speranze, i nostri sogni anche, e qui ti sorprenderà, con quelli a occhi aperti.
Mi sembra un ottima posizione da cui partire e un augurio. Forse, quella che stiamo vivendo non è solo un’epoca incerta ma è anche un’epoca densa di possibilità di crescita e cambiamento. Il futuro ci chiama: immaginiamoci che futuro vorremmo e iniziamo oggi, ora, nel presente, a costruire il futuro che vogliamo.
© Nicoletta cinotti 2021 per la Rubrica “Addomesticare pensieri selvatici”