
Questi giorni di vacanza passati con i miei genitori – nel paese della mia infanzia – sono stati molto istruttivi. Sono sempre scappata dal paese, dalla curiosità del paese e, in qualche modo, sono sempre scappata anche da loro. Cosi tornare e fermarmi è stato intenso, come un ritiro vipassana. Avevo sempre avuto l’idea che se mi fossi fermata lì sarei appassita, in una vita fatta di cose troppo piccole. Forse è vero però ho scoperto, tornando e fermandomi, che nuove cose sono fiorite.
Ho risposto ad una domanda fondamentale su di me e su di loro. Mi amano e li amo? Può sembrare strano ma questa domanda, centrale, secondo me sta dentro molte persone. Dentro molti bambini che scambiano il rimprovero come la prova che non sono amabili. Sono tanto diversa da loro, per carattere e per cultura, e la mia diversità è sempre stata scomoda per tutti. Eppure sì, li amo e loro mi amano. E questo finalmente amarsi, dopo tanti anni, ha fatto fiorire una maggiore fiducia nella mia capacità di rimanere intima (ho scoperto che per molte persone la certezza dell’amore con i genitori arriva tardi, tardissimo come a me!). Non voglio essere trattenuta però ho capito che posso dire quando voglio andarmene, senza avere la sensazione di scappare. Èd è fiorita la consapevolezza che l’amore ha un ritmo di distanza e vicinanza e che anche i fuggitivi come me amano. Spesso ci vuole una vita per capire che, alla base, c’era amore. Qualche fortunato lo capisce subito. Qualche sensibile lo capisce ma rimane con il dubbio nel cuore. Io faccio parte di quel gruppo lì: capisco tutto ma mi rimane il dubbio nel cuore e non nella mente.
Sentire sciogliersi questo dubbio mi rende più forte e più libera. Strano a dirsi visto che l’intimità è fatta di legami. Eppure è così: non sono più suscettibile alle critiche perché amarli mi permette di amarmi. Io ero incastrata lì, nell’idea che, essendo una fuggitiva, ci fosse qualcosa di non amabile. Ho capito che fuggivo da me e che posso smetterla: non è mai troppo tardi per fermarsi nell’amore.
Un po’ a catena – anzi come una reazione a catena – questa pace ha portato altra pace, con altre persone. E molta libertà con altre ancora, alle quali mi sono sentita libera di dire la mia, personale, verità.
Ho scoperto che la vera paesologia dell’Italia è la solidarietà. In questo paese piccolo, dove tutti si conoscono, c’è molta, moltissima, solidarietà. Per le cose piccole e le grandi. Se possono ti vengono incontro. Contenti di poterti aiutare. Perché hanno chiaro che, prima o poi, tutti possiamo avere bisogno. Nel mio fuggire invece ho sempre pensato che i bisogni siano responsabilità personale. È vero ma si può chiedere aiuto e ottenere risposta.
Così sono fiorite molte cose. Nell’ordine: la sensazione di saper amare e essere amabile (se avessi continuato a scappare sarebbe rimasto il dubbio); il gusto della solidarietà data e ricevuta (se non avessi chiesto aiuto sarebbe rimasto l’interrogativo); l’incontro con qualche vecchio compagno di scuola (a volte si invecchia bene, a volte no); la sensazione che non occorre scappare ma cadere nel presente con i piedi, la testa e il cuore; la sensazione che essere intimi non vuol dire essere trattenuti. Tutte cose che, in qualche modo sapevo e capivo già ma non nel cuore. Così, nel concludere questa lettera dalla prima parte delle mie vacanze, vorrei dirti che, forse, quello che ci lascia incastrati è la sensazione di non amare noi stessi. Quel dubbio primitivo che abbiamo nel cuore. Un dubbio che possiamo sciogliere quando smettiamo di scappare.
Tua Nicoletta
PS: oggi niente compiti: e vacanza sì o no?
© Nicoletta Cinotti 2019 Scrivere la mente nel territorio dell’amore