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Le separazioni consensuali

26/05/2020 by nicoletta cinotti

Non so perchè esista la dicitura “separazione consensuale”: se due persone fossero d’accordo non avrebbero bisogno di separarsi. Diciamo che la dicitura separazione consensuale vuol dire che siamo d’accordo nel non fare troppo casino nel separarsi. Difficile però che il processo della separazione, del lasciarsi, abbia proprio lo stesso ritmo. Difficile essere entrambi d’accordo su quando è giunto il momento della separazione. E anche se siamo d’accordo, dividere gli oggetti fa scoprire una cosa a  cui non avevamo mai pensato prima:  gli oggetti raccolgono la storia delle persone che li hanno condivisi. Così quando mio figlio mi ha regalato il lievito madre (simbolico, vero?) e sua moglie ha scritto il nome del lievito madre sul barattolo non mi sono sorpresa – come avrei fatto fino a poco tempo fa con il mio scetticismo scientifico – le cose hanno un nome anche affettivo che nasce dall’uso che ne abbiamo fatto insieme agli altri.(Nella fattispecie ha chiamato il lievito madre Puffosino amoroso e capite che qualche sobbalzo questo nome lo provoca!)

Quando ci separiamo e litighiamo su chi prende una cosa e chi ne prende un’altra in realtà ci diciamo quanto quegli oggetti hanno assorbito di noi, della nostra storia e della storia condivisa. Accettare che la crescita e lo sviluppo dell’intimità non sia simmetrico è il più arduo atto di libertà che possiamo fare. Io ti amo ma non quanto mi ami tu: saperlo, accettarlo e lasciar andare il tentativo – a volte disperato – di aggrapparsi all’altro, alla ricerca di una insospettabile parità d’affetto: questa è la vera rivoluzione francese. Imparare così che l’amore, come l’intimità e la condivisione, non sono fatti simmetrici. Uno pensa che l’altro sia nello stesso punto in cui sei tu e, invece, scopri che è altrove.

Accettare che l’amore, l’affetto esistono senza la garanzia di essere soddisfatti o rimborsati è talmente destrutturante che molto spesso scegliamo, semplicemente di aderire. La fusionalità emotiva ci sembra il modo più pratico per andare avanti. Ti rimango attaccato, non diifferenziato, il più possibile. Faccio miei i tuoi bisogni, i tuoi sogni e i tuoi desideri. Così non mi accorgo se tra noi c’è disparità perchè non siamo più due ma uno.

Volevo avvisare i naviganti: nemmeno questa è una garanzia. L’amore è vasto, vasto come il mondo. Può arrivare da qualunque parte e da ogni insospettabile persona. Se accettiamo di essere non discriminativi,  ne abbiamo una quantità sufficiente per andare avanti. Ma non possiamo pretendere che sia reciproco ed equo, né che provenga proprio da quella persona lì. L’intimità per esistere non ha bisogno di simmetria. L’intimità per esistere ha bisogno di rivelazioni. Lasciar andare il tentativo di tenere le cose eque in una coppia – di tenere in pari la bilancia del dare e ricevere – è il modo migliore perchè si riveli la vera intimità condivisa. Potremmo scoprire che non è quella che ci aspettavamo: per questo si chiama rivoluzione francese. Dopo le cose non saranno più uguali ma saranno semplicemente vere.

© Nicoletta Cinotti 2020 Pratiche informali di ordinaria felicità

PS: Tranquilli non mi sto separando da mio marito: sto solo scrivendo il progetto di un libro sulle relazioni sentimentali!

 

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