
“Sto in pensiero“, è una frase che mi sono sentita ripetere molte volte. Sto in pensiero come metafora di essere preoccupati per qualcosa o per qualcuno. Mi sembra il modo migliore per spiegare come l’ansia, uno dei sentimenti più corporei del mondo con il sudore, la tachicardia, il tremore, sia, di fatto una delle emozioni attivate dalla catena dei pensieri sulle ipotesi future. In effetti è proprio così: possiamo essere perfettamente tranquilli e, se lasciamo i nostri pensieri liberi, ritrovarci a provare ansia e agitazione non perché è successo qualcosa ma perché abbiamo lavorato di pensiero ipotetico, figurandoci le peggio cose.
Così invece che cercare di calmare l’agitazione l’abbiamo fatta crescere attraverso dei pensieri ripetitivi e spostati nel campo delle possibilità (nefaste). Riflessione festiva mentre camminavo all’aperto in una mostra di fiori. C’erano tantissime persone, il sole, i venditori di fiori riuniti in aree disciplinate – le rose con le rose, le piante grasse con le piante grasse, i rampicanti tutti appoggiati verso il cielo e così via – un senso di normalità che sembrava quasi fuori luogo come se fosse stata rubata, e una fila ordinata all’ingresso perché, malgrado fossimo all’aperto bisognava fare la fila per entrare. Non fosse altro che questo, il Covid ci ha insegnato a fare la fila, cosa che prima suscitava ribellione immediata. Eppure mi sono accorta che tutta questa normalità che mi gustavo soddisfatta aveva un retro pensiero, anzi, ero in pensiero. Guardavo le mascherine abbassate, gli assembramenti di fronte agli espositori più belli e avevo un senso di fretta, come se dovessi correre più veloce di un ipotetico pericolo. Ci vorrà un po’ a far dimenticare al corpo e alla mente quest’ansia, questa paura della vicinanza con gli altri, quest’ipotesi di un pericolo che arriva con il respiro. Ci vorrà un po’ ma ci stiamo impegnando per costruire una nuova normalità. Di quella vecchia non ci fidiamo più tanto e quella nuova non sappiamo ancora come potrebbe essere. io mi sento così: sulla porta di qualcosa che riconosco di non conoscere. Mi sono tolta di dosso l’idea di sapere come vanno a finire le cose.
La vita d’una persona consiste in un insieme d’avvenimenti di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme, non perché conti di più dei precedenti ma perché inclusi in una vita gli avvenimenti si dispongono in un ordine che non è cronologico, ma risponde a un’architettura interna. Italo Calvino
Pratica del giorno: La meditazione camminata
© Nicoletta Cinotti 2021