
Rabbia e paura sono due sentimenti di base: nascono con noi e hanno, entrambi, scopi protettivi. Sono sentimenti complicati che producono diversi meccanismi di apertura e chiusura. La paura di solito induce un ritiro ma quando diventa ansia (e molto spesso l’ansia è solo una forma di paura) porta tre tipi di movimenti: andare indietro, andare verso, andare contro. Andare indietro è cercare di nascondersi; andare verso è cercare un rifugio, una protezione. Nella pratica di mindfulness diciamo che cerchiamo rifugio nella pratica: ossia stiamo di fronte a ciò che ci spaventa in una posizione stabile e dignitosa. Andare contro è il momento in cui la paura, o l’ansia, si trasformano in rabbia. Succede più spesso di quello che crediamo. Molte persone irose sono, in realtà, persone ansiose che rispondono all’ansia andando contro ciò che le spaventa. In quel momento la paura non produce una chiusura ma una apertura ampia, eccessiva, che ci fa sentire ancora più vulnerabili di quello che siamo e rende, quindi, la nostra rabbia, un po’ sproporzionata.
La cosa interessante però è quanto dura l’apertura della rabbia. Più è intensa la rabbia e più, quell’apertura dura. Dopo uno scoppio di rabbia non siamo ancora in grado di richiudere. Ce ne andiamo così, in giro, con un bel varco nella nostra corazza. Il primo effetto di quel varco è che potremmo litigare di nuovo. L’altro effetto, paradossale, di quel varco, è che diciamo la verità. Togliamo il filtro sociale che mettiamo sulle nostre comunicazioni e ci scappa di dire la verità. Non abbiamo il controllo consueto e ciò che ci preme filtra alla luce, fiorisce sulle labbra.
Si dice che quando siamo arrabbiati diciamo cose che non pensiamo. Io trasformerei così questa affermazione “quando siamo arrabbiati diciamo cose che non sappiamo elaborare, che sono dentro di noi come noccioli non digeribili della relazione“. Non è compito dell’altro curarsi di quei noccioli duri e compatti. È nostra responsabilità scegliere se seminarli e vedere che frutti portano oppure scegliere di rimangiarseli. Di solito rimangiarseli non fa bene alla salute: né alla nostra né a quella della relazione. Perché, a volte, in rabbia veritas. L’importante è che la rabbia non diventi un’azione aggressiva ma rimanga un atto espressivo che apre la porta su una stanza che spesso teniamo troppo chiusa a chiave.
Perché non imparo a trattare tutto come se fosse l’ultima volta. Il mio più grande rammarico è quanto credo nel futuro. Jonathan Safran Foer
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2019 Vulnerabili guerrieri