
Mi permetto di essere me stessa da poco e con cautela. Come se fosse un rischio da correre con attenzione, un brandy che viene distillato dal tempo e dall’età. Non vorrei finire prima di aver bevuto tutto questo brandy. Come dire che non vorrei che la mia vita diventasse un bicchiere lasciato mezzo pieno sul tavolo di un bar.
Così mi chiedo, il più possibile, di finire quello che inizio, di chiudere quello che apro e, nello stesso tempo, cerco una continuità d’esistenza che svanisce nel momento in cui il respiro cambia.
Inspiro e inizio, espiro e finisco e il respiro successivo è continuità e discontinuità insieme.
A volte mi permetto di svanire, una vecchia passione la mia, quella per la sparizione. Un gioco che facevo da bambina e che ho continuato a fare per tutta la vita. Sparisco e aspetto che qualcuno mi venga a cercare. A volte, da piccola, aspettavo un tempo che mi sembrava infinito. E più aspettavo più credevo che alla fine di quella attesa sarei stata evanescente. Poi arrivava qualcuno che mi rimproverava perché chissà dove ero finita tutto quel tempo e non riuscivo mai a dire che non ero proprio sparita. Aspettavo. Ma sembra che la parola aspettare non piaccia molto ai grandi. Solo ai bambini viene chiesto di aspettare. Da grandi tutto e subito, “Arriva quando ti chiamo”, “apparecchia quando te lo dico”. Aspettare e svanire sono due verbi che vanno insieme per me. Perché quando l’attesa dell’altro è troppo lunga, svanire ti sembra una certezza.
Gioco ad esserci e non esserci, gioco a farmi vedere e a nascondermi. Il gioco più vecchio del mondo: un nascondino dell’anima. Nascondo qualcosa oppure semplicemente sperimento il non essere vista? Non lo so.
Lascio andare i programmi che avevo e anche le aspettative e sto qui. Lascio andare il progetto che avevo per oggi e scopro che ho molto di più di quello che credevo e che la cosa davvero difficile è dare valore a quello che ho.
Lasciando andare i piani trovo di più di quello che avevo pianificato: trovo la mia vera voce.
Questo è un brano del mio Diario. Un brano di “Scrivere la mente”.
Tutto quello che accade sta nella sottile linea di confine tra ciò che pensiamo di essere e quello che pensiamo di non essere. È una specie di luogo d’incontro tra noi e il mondo. È forse l’unico luogo di realtà che abbiamo eppure passiamo poco tempo in questa frontiera conversazionale. David Whyte
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2019 Verso la self compassion