Prima di sapere davvero cosa sia la gentilezza devi perdere le cose, sentire il futuro dissolversi in un attimo, come il sale in un brodo allungato.
Quello che avevi in mano,su cui contavi, che conservavi con cura,tutto deve andarsene, in modo che tu sappia quanto possa essere desolato il panorama fra le regioni della gentilezza.
E viaggi e viaggi, pensi che il bus non si fermerà mai, che i passeggeri che mangiano pollo e mais fisseranno per sempre fuori dal finestrino. Prima di imparare il tenero peso della gentilezza devi viaggiare fin dove l’Indiano nel poncho bianco giace morto lungo la strada.
Devi capire che potresti essere tu, che anche lui era qualcuno che viaggiava nella notte, con solo i suoi progetti e il respiro a tenerlo in vita.
Prima di conoscere la gentilezza come la cosa più profonda che hai dentro, devi conoscere il dolore, l’altra cosa più profonda. Devi svegliarti nel dolore, parlargli finchè la tua voce non catturerà i fili di tutti i dolori e vedrai di che misura è la veste.
Allora resta solo la gentilezza ad avere un senso, solo la gentilezza che ti allaccia le scarpe e ti manda fuori nel mondo a spedire lettere a sconosciuti, a comprare il pane, solo la gentilezza che, tra la folla del mondo, alza la testa e dice:“Sono io quella che cercavi”.
E poi ti accompagna ovunque, come un’ombra o un amico. Per sempre.
Naomi Shibad Nye
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