
Per lasciare spazio alla meraviglia serve disciplina. In altre parole, per fare in modo che la follia di ciascuno di noi abbia un senso serve la capacità di indirizzarla. Come scrivevamo a proposito di Immanuel Kant, per lasciare che il sublime emerga serve compiere la propria marcia ogni giorno alla stessa ora o, come insegnano i cabalisti, avere raggiunto i quarant’anni e avere due figli o, come si dice in The Karate Kid, mettere la cera e togliere la cera, mettere la cera e togliere la cera, senza scordarsi di respirare. La ricerca della meraviglia non è la ricerca di stati alterati che ti fanno sballare e ti sradicano dalla realtà; ha bisogno di un lavoro di radicamento, di un’attenzione nei confronti delle piccolissime cose. La capacità di meravigliarsi è un radar interno, non qualcosa da farsi somministrare. Le dinamiche del tempo che stiamo vivendo rappresentano la tentazione di portare lo spirito del profondo dentro lo spirito del tempo: meditazioni di quindici minuti all’interno di una vita frenetica, divulgazione spirituale sui social network, verità esoteriche rimasticate per renderle commestibili a persone che vanno di corsa, ma che nella pianificazione della giornata vogliono inserire anche il lavoro su di sé. In questo modo rischiamo di prenderci in giro, di credere di vivere in simbiosi con lo spirito del profondo mentre siamo totalmente immersi nello spirito del tempo. Per essere aperti alla meraviglia bisogna disporsi a sottrarsi, a farsi idioti, a vivere senza l’assillo del tempo che scorre. Al contrario il tempo va dilatato, come Jung scelse di fare andando a vivere nella Torre di Bollingen, come Edith Stein fece abbandonando l’insegnamento e diventando una suora carmelitana di clausura. La maggior parte delle nostre nevrosi deriva da questo: abbiamo smesso di vivere nello spirito del profondo – anche perché non siamo educati a farlo, non avendo come occidentali un humus culturale che ci aiuti – e siamo controllati soprattutto nei nostri vissuti psichici (viviamo in una psicopolitica, come sostiene Byung-Chul Han). Non conosciamo la cura di sé, un’idea che per la cultura greca era importantissima e che confondiamo con le sue versioni semplificate, che hanno più a che fare con la costituzione di un’Inquisizione interiore che con la fioritura personale.
Colamedici, Andrea; Gancitano, Maura. Lezioni di meraviglia (Planetari) (Italian Edition) (p.71). Tlon.