Quando camminiamo, tra un passo e l’altro, c’è un momento di cui avviene un piccolo dis-equilibrio. Se camminiamo ad un passo normale non sentiamo questo spazio di vuoto – la velocità con cui camminiamo lo copre – ma nella camminata lenta succede spesso che ce ne accorgiamo e lo percepiamo come una perdita. Di solito la nostra andatura procede spedita, senza sbalzi e interruzioni.
Non amiamo gli sbalzi e le interruzioni: non amiamo che la realtà non confermi le nostre aspettative. Anzi, per essere più sicuri, ci costruiamo delle aspettative che devono realizzarsi a patto di sentire come un tradimento o come un fallimento quando la realtà è diversa da quello che ci eravamo immaginati.
Perché costruiamo aspettative, se tanto del nostro dolore e delle nostre difficoltà è proprio legato al crollo di quelle aspettative?Perché prevedere, se la sorpresa è sempre dietro l’angolo? Perché ripetere questo modo di relazionarsi al futuro se più volte ha rivelato la sua fallacia?
Perché ci offre il senso di una continuità d’esistenza. Ci rassicura sul fatto che dopo un passo ce ne sarà un altro e poi un altro ancora. Che non cadremo nel vuoto nel quotidiano, e nel vuoto più grande che temiamo. Così, con la ricchezza e varietà delle nostre aspettative – che vanno dagli appuntamenti fissati in agenda, alle aspettative vere e proprie – ci rassicuriamo sul fatto che noi ci saremo. E che, se non ci saremo, se quello che avevamo desiderato non si avvererà, è perché c’è stato un tradimento. Perché qualcuno ha cambiato le carte in gioco o le regole del gioco.
Così oggi, come pratica informale, proviamo a lasciare che il gioco non abbia regole se non quelle stabilite dall’evento in corso, momento per momento. Magari stasera andremo a dormire senza sentirci traditi. Forse sentendoci più grati delle sorprese quotidiane.
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Come farti sapere che c’è sempre tempo? tratto da Come farti capire di Mario Benedetti
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© Nicoletta Cinotti 2016 Il mese della gentilezza
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