
Sono molte e valide le ragioni per cui chiediamo un parere ad un esperto. La prima è che abbiamo bisogno di affidarci e di farci portare per mano nei momenti in cui l’acqua è più impetuosa. La seconda è che la cura è sempre una relazione, la terza è che ricevere attenzione è già metà della cura. Dietro a queste domande però si cela una convinzione, questa sì che è davvero una convinzione sbagliata, che quello che sentiamo non vada bene e che qualcuno “sappia al posto nostro”. Invece io cerco di aiutare le persone a sapere di sé e poi, a partire da quella conoscenza intima, a chiedere aiuto. Per questo vorrei raccontarti una brevissima storia che riguarda però moltissime persone. Mi è capitato ripetutamente di ascoltare persone che erano in ansia per la loro salute. Magari inviate proprio dal medico curante che non riteneva ci fosse alcuna patologia fisica. Io ho ascoltato queste persone per del tempo e, in molti casi, ascoltandole mi sono fatta la convinzione che ci fosse un problema fisico dietro alla loro paura. L’80% delle volte ho avuto ragione. O meglio, loro avevano ragione. C’era davvero qualcosa che non andava.
Non erano riusciti a spiegarsi bene – o non erano stati ascoltati bene – e quindi era stato frainteso il problema. Ma il vero punto, quello su cui desidero portare la tua attenzione, è un altro. Il punto è che non ci fidiamo della conoscenza che viene dall’interno. Non ci fidiamo di questa conoscenza perché, provenendo da un luogo intimo, è sempre frammista a emozioni e siamo convinti che le emozioni “sporchino” il quadro. Non è così: le emozioni danno significato al quadro. Abbiamo solo bisogno di saperle riconoscere, padroneggiare, di saperci muovere in modo consapevole. Allora la conoscenza che viene dall’interno ci dirà quando è il caso di chiedere aiuto e a chi chiedere aiuto.
Così l’ansia ha salvato tantissime persone e le ha spinte a chiedere diagnosi migliori. L’ansia ha anche rovinato le giornate di tante persone mettendole in un gorgo di rimuginazione ma non dobbiamo buttar via il bambino con l’acqua sporca. La conoscenza che viene dall’interno è il nostro fondamento. È il punto da cui partire per chiedere aiuto. Ho visto tantissime persone che, fidandosi di quello che sentivano, hanno insistito e avevano ragione! È in quel momento lì che, se non ci fidiamo di noi, potremmo fare un indovinello a me o a qualche altro collega. Ma se la domanda parte dalla sfiducia verso quello che sentiamo non sarà una buona domanda e avrà meno probabilità di trovare una buona risposta. La medicina tradizionale cinese, lo yoga, le pratiche meditative si poggiano sulla conoscenza che viene dall’interno e la scienza, millenni dopo, le ha confermate. La scienza ci permette di capire più velocemente ma la domanda giusta nasce dall’esplorazione interiore. Così la pratica di consapevolezza, in tutte le sue forme non fa che questo: riporta fiducia, confidenza, intimità con la conoscenza che viene dall’interno.
C’è un altro tipo di conoscenza,
già completo e racchiuso dentro di te.
Una fonte che sgorga dalla sua sorgente.
Una freschezza al centro del petto.
Questa intelligenza non diventa mai putrida o stagnante.
È fluida, e non si muove da fuori a dentro
attraverso le condotte piombate dell’apprendimento. Rumi
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2021 10 classi di esercizi bioenergetici e yoga