
Il cambiamento climatico è un tema sempre più urgente. Quello che succede nel mondo e anche a casa nostra – basta pensare alla mareggiata che ha distrutto la strada tra Portofino e Santa Margherita e il porto turistico di Rapallo – il passaggio da giorni di freddo intenso a giorni miti, senza nessuna progressione stagionale, ci dicono che davvero qualcosa sta precipitando e che è necessario scegliere rette azioni di intervento. Nello stesso tempo è facile cadere in un approccio apocalittico che, implicitamente, diventa più disperante che motivante al cambiamento di atteggiamento e alla responsabilità individuale.
Lama Willa Miller ha offerto 5 meditazioni su questo tema con lo scopo di portare la verità del cambiamento climatico nella nostra consapevolezza come base per una saggia azione.
Come passare dalla rabbia alla compassione?
La pratica spirituale non offre soluzioni al cambiamento climatico ma può introdurre un cambiamento nella consapevolezza individuale sull’urgenza di queste azioni. Offre un percorso di consapevolezza che è, alla fine, la base per una retta azione e per un atteggiamento etico.
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Radicarsi nell’etica
Per alcuni il tema del cambiamento climatico è un argomento ecologico, per altri un tema economico ma noi sappiamo che le azioni umane possono essere sbagliate e quindi, in questo senso, il cambiamento climatico è un tema etico. Le nostre idee rispetto a ciò che è giusto e i nostri valori rispetto a ciò a cui teniamo sono alla base delle nostre azioni. Questi valori sono appresi dalla nostra cultura di riferimento e ognuno di noi può contribuire a costruire i valori della propria realtà. Il cambiamento climatico è strettamente connesso a come noi percepiamo il valore della vita umana sulla terra e all’etica dello sviluppo industriale. In questo senso quindi il tema etico non si riferisce a qualcosa che possiamo fare ma a qualcosa che dovremmo fare. Nella tradizione buddista e in tutte le tradizioni spirituali l’aspetto etico è fondamentale nell’educazione spirituale. Nella tradizione buddista l’azione etica è un’azione che nasce da un impegno di gentilezza, semplicità e non violenza. Se estendiamo all’ambiente un atteggiamento etico – di gentilezza, non violenza e semplicità – la nostra relazione con la terra, l’acqua, le risorse naturali, gli animali può cambiare sensibilmente. Nella tradizione buddista l’etica o Sila è la base su cui nascono delle regole di condotta orientate alla compassione che conducono ad una azione saggia. L’invito quindi è a radicare il nostro attivismo, il coinvolgimento sociale in una compassione saggia che significa non tanto agire contro qualcosa o qualcuno ma collaborare per qualcosa di diverso.
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Essere comodi nell’incertezza
Se c’è una cosa che è certa è che non sappiamo con certezza (scusate il gioco di parole) cosa accadrà con il riscaldamento progressivo della terra. Non possiamo prevedere le crisi e il luogo dove possono verificarsi, né la velocità e il ritmo con cui possono ripetersi e nemmeno quanto a lungo l’uomo e le altre specie viventi possono adattarsi a questa destabilizzazione del clima. Camminiamo nel vuoto perché non abbiamo esperienza precedenti da cui imparare. Vorremmo sapere se i nostri nipoti e pronipoti potranno camminare sulla spiaggia che noi conosciamo, nei boschi che esploriamo e se potranno respirare aria pulita e vivere in un ambiente sicuro. E la paura della fine del mondo è una paura presente da sempre che ha dato vita alla cultura medioevale e a molte tradizioni apocalittiche. Questa qualità di incertezza può essere profondamente destabilizzante. Molti insegnamenti buddisti focalizzano l’incertezza come una sorgente di liberazione più che come un inconveniente e il Buddha stesso parla della realtà dell’incertezza e dell’impermanenza come un segno imprescindibile della stessa esistenza. Se la consapevolezza della nostra mortalità fa emergere le nostre paure più profonde ci libera però anche dalle catene dell’attaccamento. Non c’è niente che può essere garantito ed è questo che ci conduce all’amore per la realtà così com’è.
Anche l’incertezza relativa al cambiamento climatico può essere una pratica di liberazione perché più abbiamo paura dell’incertezza più eviteremo di pensare all’argomento che temiamo. E la negazione della realtà del cambiamento climatico può essere il nostro più grande nemico. Ed è una negazione che si basa proprio sulla paura nei confronti di ciò che non conosciamo.
Se abbracciamo la verità dell’incertezza possiamo sviluppare il coraggio di rimanere aperti e coinvolti; se accettiamo la fragilità della vita sulla terra possiamo impegnarci in una azione collettiva.
[box] Se l’uomo non svanisse mai come il fumo su Toribeyama, ma durasse per sempre in questo mondo, quante cose perderebbero il loro potere di commuoverci. La cosa più preziosa nella vita è la sua incertezza. Kenkō Hōshi, Tsurezuregusa (Ore d’Ozio 1330-1333)[/box]
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Lavorare con le emozioni
Il cambiamento climatico, oltre al tema dell’incertezza, può evocare molte altre emozioni difficili. Essere testimoni della distruzione dell’ecosistema e dell’estinzione di massa può suscitare disperazione, tristezza e lutto. Incontrare la negazione e l’apatia delle persone non sensibili a questo tema può suscitare rabbia; il guardare all’incertezza per il futuro dei nostri figli può suscitare trepidazione e preoccupazione. Spesso l’attivismo è nutrito dalla rabbia e dalla paura, che sono le emozioni che hanno guidato per secoli la nostra sopravvivenza. Il buddismo insegna che sono proprio gli stati mentali che evitiamo di più quelli che possono portarci alla liberazione. Invece che cancellare le emozioni difficili possiamo metabolizzarle e portare la nostra reattività in uno spazio contemplativo in cui liberare l’energia emotiva trasformandola in responsività. Possiamo iniziare dall’emozione della rabbia, che spesso si fissa saldamente su un oggetto che diventa isolato, contratto e impoverente. Se portiamo la rabbia in uno spazio contemplativo possiamo spostare la nostra focalizzazione dall’oggetto di rabbia e dalla sua storia, all’interno di noi stessi per considerare la nostra responsabilità in quella emozione e la nostra responsabilità in quella storia. La rabbia non è sempre da disapprovare. Può essere una energia protettiva e salutare quando qualcosa minaccia le persone che amiamo. Il nostro insight può liberare una rabbia reattiva e contratta e svelare la sua natura più profonda e saggia e portarci ad agire con decisione e coraggio nell’interesse dell’amore che proviamo. Nella pratica contemplativa la rabbia può diventare una ispirazione per l’empatia. Possiamo infatti scoprire che è un sentimento che condividiamo con altre persone e ci può accumunare alla sofferenza di altri. Possiamo dirigere la nostra attenzione alla storia che stimola la nostra rabbia e lasciare che promuova empatia passando da una narrativa che polarizza l’attenzione sul “colpevole” ad una narrativa che, invece, la apre per includere anche altre posizioni.
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Una nuova saggezza
Il tema del cambiamento climatico può essere affrontato in modo intellettuale perché possiamo avere bisogno di sapere quello che ha una importanza critica su questo argomento. Un buon esempio di questo tipo di approccio è il film documentario di Al Gore “Una scomoda verità”. Ma la nostra risposta è molto più efficace e resiliente se trasformiamo l’attivismo concettualmente motivato in un attivismo del cuore. Se accediamo ad una saggezza corporea e non concettuale.
La saggezza corporea è la nostra fonte naturale di conoscenza. Impariamo dal corpo e dalle sue risposte cosa può essere salutare e cosa invece può essere dannoso. Per estensione questa risposta corporea può aiutarci ad essere sensibili rispetto alla necessità di vivere in un ambiente sano. Il corpo ci ricorda che siamo qui, ora e che la nostra presenza è la più potente delle risorse possibili. A questo possiamo associare la saggezza non concettuale della mente. L’esperienza umana non è solo un contenuto mentale anche se passiamo molto tempo immersi in quello che pensiamo e in quello che crediamo. C’è uno spazio non concettuale in cui questi contenuti emergono e questo spazio può essere percepito e ampliato attraverso l’esperienza del corpo. Nella pratica della Grande Perfezione è identificato con la nuda consapevolezza, una parte dell’esperienza mentale che percepisce e rimane nella percezione prima che si formino le nostre idee sull’esperienza. Se coltiviamo questo spazio non concettuale accediamo ad una modalità non duale di percezione che scioglie l’illusione della separatezza. E l’illusione della separatezza è una delle cause della crisi relativa al cambiamento climatico nella quale ci troviamo: è stato pensare che le nostre azioni non avrebbero avuto conseguenza e/o pensare che le conseguenze non riguardino noi che ci ha portato in questa situazione. Vivo al mare e ogni lunedì estivo, dopo che il mare è stato affollato di imbarcazioni turistiche nel fine settimana, le spiagge sono invase da rifiuti lasciati in mare. Come se quello non fosse lo stesso mare in cui le stesse imbarcazioni si troveranno di nuovo il fine settimana successivo. Come se davvero potessimo lasciarsi lo sporco alle spalle
[box] Un piccolo gruppo di persone impegnate può cambiare il mondo. Margaret Mead[/box]
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Trovare una comunità
Molto spesso abbiamo la sensazione che non ci siano comunità che portano avanti i nostri stessi valori e quindi finiamo per abbandonare una azione civile per mancanza di gruppi di condivisione. Non abbiamo bisogno di un gruppo: abbiamo bisogno di un amico. Una persona è un seme, due persone sono una chiamata al risveglio, tre persone sono un movimento. Se non è possibile trovare un gruppo già costituito di cui condividiamo lo spirito possiamo essere noi i promotori di piccole, semplici iniziative, portate avanti con amici, senza sottovalutare l’importanza delle azioni minuscole. Nella tradizione buddista il sangha – la comunità – è uno dei tre gioielli in cui prendere rifugio. Se portiamo avanti azioni etiche, tollerando l’incertezza, azioni che nascono dalla saggezza e vengono condivise con altri, abbiamo già fatto un cambiamento fondamentale: abbiamo coltivato una scelta responsabile.
©www.nicolettacinotti.net Addomesticare pensieri selvatici. Articolo liberamente tratto da “5 Buddhist Practices to Help Tackle Climate Change”