
Prova a prendere un respiro, un grande respiro profondo. Proprio adesso mentre stai leggendo. Prova a trattenere il respiro e ad esplorare le sensazioni di tensione, di pressione legate al trattenere. Prova a rimanere ancora un ‘attimo in apnea fino a che non senti che tutto il corpo vuole respirare. E a quel punto lascia andare l’espirazione. In modo lento, così che tu possa ascoltare fino in fondo il sollievo.
In quel trattenere c’è una sorta di dolore che cresce man mano che aumenta il tempo in cui rimaniamo in apnea inspiratoria. Possiamo allenare la nostra capacità di trattenere il respiro ma, ad un certo punto, il corpo reclama il suo diritto. Il diritto a lasciar andare.
Adesso prova a immaginare lo stesso esperimento fatto con un pensiero. Arriva un pensiero, uno dei tuoi pensieri ricorrenti. Compare nel panorama della mente e attrae tutta la tua attenzione. Inizi a trattenerlo, proprio come hai fatto con il respiro. È facile trattenerlo perché i nostri pensieri ricorrenti suscitano sempre una forma di interesse. Facile trattenerlo anche se fa male. Solo che la mente non ha lo stesso senso del limite del corpo. Il corpo ha dei segnali fisiologici che ad un certo punto ci pongono un limite. La mente no. Possiamo continuare a trattenere quel pensiero fino a farlo diventare un’ossessione. Succede spesso. L’unico rimedio allora è lasciarlo andare. A volte può bastare immaginare che se ne vada come un palloncino nel cielo d’estate, insieme alla nostra espirazione. Altre volte, per farlo andare, dobbiamo riconoscere che fa parte di una trama più complessa e articolata alla quale è necessario dare un titolo. I nostri pensieri sono come i personaggi in cerca d’autore di Pirandello. Fino a che non diamo loro un titolo non si sentono riconosciuti e rimangono. Rimangono a tormentarci. Come li riconosciamo diventano personaggi che fanno parte di noi come le nuvole fanno parte del cielo ma non sono il cielo. Come noi non siamo i nostri pensieri.
È importante ricordare cosa succede quando tratteniamo il respiro troppo a lungo. Ricordare che quel disagio – anche se non percepito – è simile al danno che fanno i nostri pensieri quando li tratteniamo troppo a lungo. Non è indifferente trattenere i pensieri. È solo perché i pensieri anestetizzano che non ci accorgiamo di quanto ci fanno male. Reclamiamo anche per i pensieri un diritto: il diritto di lasciar andare.
Ciascuno di noi si crede uno ma non è vero: è tanti, signore, tanti, secondo tutte le possibilità d’essere che sono in noi: uno con questo, uno con quello diversissimi! E con l’illusione, intanto, d’esser sempre uno per tutti, e sempre quest’uno che ci crediamo, in ogni nostro atto. Non è vero! Luigi Pirandello
Pratica di Mindfulness: Lasciar andare Meditazione live
© Nicoletta Cinotti 2019 Vulnerabili guerrieri