
La maggior parte di noi inizia un percorso meditativo in cerca di pace. Vediamo la pace come un miraggio, come un approdo. Oggi la vediamo anche come una speranza. Quando iniziamo a meditare potremmo così accorgerci con un misto di stupore e orrore, di quanto conflitto dimora dentro di noi. Di quanto è chiacchierona la mente, di quanto la nostra attenzione sia un servitore infedele.
Se superiamo lo choc di essere più incasinati e confusi di quello che credevamo, ci accorgiamo che quello con cui entriamo in contatto è il caos della nostra mente e la ristrettezza del nostro cuore.
Ci accorgiamo anche che la pace non è la quiete ma l’accoglienza dell’irrequietezza e il riconoscimento che l’irrequietezza non è affatto un difetto personale. È parte della condizione umana. Nel nostro guardare in profondità potremmo allora ri-definire i nostri obiettivi. Non è tanto l’essere in pace il punto centrale quanto il non combattere parti di noi. Il non esiliare la nostra vulnerabilità, lo scendere a patti con la realtà così com’è e renderci conto che quello che di noi e della nostra vita ci scandalizza non è poi tanto scandaloso.
All’inizio è necessario costruire un nido in cui tornare quando entriamo in guerra. Non è che in quel nido i conflitti cessino del tutto. Ci sono ma ci sentiamo più al sicuro perché abbiamo traslocato dalla mente discorsiva – che racconta costantemente tutto quello che siamo stati, che siamo e che saremo – a un nido di silenzio che sta nel cuore. Questo trasloco dà un senso di possibilità insospettabile. Fa venir voglia di chiedere permanentemente asilo.
Alla fine capiamo che il punto non è essere imperturbabili ma non scandalizzarci di noi, accogliere quello che sentiamo come un ospite temporaneo. Spesso i più scomodi e molesti hanno grandi doni e, come nelle favole, possono trasformarsi in qualcosa di meraviglioso appena smettiamo di combatterli. Allora sorge un sereno disincanto che non nasce dall’illudersi ma, piuttosto, dallo smettere di credere alla realtà inventata dalle illusioni per permettere che la nostra vita scorra senza scandali. Siamo umani: sbagliamo da professionisti e niente di ciò che è umano ci è estraneo.
…il disincanto può essere sereno perché ci aspetta l’incantevole realtà, la serenità profonda dell’abbandonarsi e non dell’essere abbandonati. Tutto scorre e posso abbandonarmi alla scorrere, anziché costantemente lottare con la corrente, posso entrare nella corrente e farne parte. Chandra Livia Candiani
Pratica di mindfulness: La gratitudine
© Nicoletta Cinotti 2022 Serata di presentazione dei protocolli mindfulness MBSR, MBCT, Mindful Self-compassion