
L’essere umano è come una locanda. Ogni mattina un nuovo arrivo. Momenti di gioia, di depressione, di meschinità, a volte un lampo di consapevolezza giunge come un visitatore inatteso. Rumi
Ieri prima giornata di anormale normalità. Persone fuori con mascherina, senza mascherina, con guanti, senza guanti. Anche semplicemente persone fuori. In ogni caso non c’era un clima sprizzante di felicità ma tensione: risulta inevitabile cogliere la discrepanza tra prima – quando tutto era apparentemente normale – e ora, quando tutto è portato alla luce dal filtro del rischio di contagio.
La tensione esprime quel misto di rabbia e paura che ci accompagna in questi giorni e sorge spontanea la domanda: che fare? Come posso evitare di farmi travolgere o bloccare dalla paura? Come posso evitare di precipitare nella rabbia al minimo battito d’ali che differisce dal mio desiderio? Siamo davvero in un gigantesco laboratorio di psicologia sociale e possiamo vedere cosa cambia nelle nostre relazioni sociali nel momento in cui dobbiamo – per forza di cose – cambiare il nostro abituale modo di stare insieme. Per questa ed altre ragioni è importante prendere confidenza con un sentimento – quella della rabbia – che non è il più confortevole del mondo (e nemmeno quello più socievole). Tutta la rabbia viene nutrita dalla convinzione – anzi dalla certezza – di avere ragione. È solo quando la rabbia inizia a sbollire che compare la possibilità che abbiano ragione anche gli altri. L’equivoco più grande però rimane l’idea che non ci si debba arrabbiare o che la rabbia non sia un sentimento “mindful”.
Nessun sentimento, ci ricorda Rumi, è estraneo alla nostra vita. Nemmeno la rabbia che, molto spesso, nasconde un sotterraneo dolore. La rabbia, in fondo, ci fa sentire forti e potenti e ci lascia, dopo, esausti e senza energia perché è un sentimento ad alta carica che gonfia e sgonfia come pochi altri. Per praticare con la rabbia dobbiamo essere disposti a non considerarla un nemico ma la materia di cui è composta la nostra vita. Anziché esprimerla abbiamo bisogno di esplorarla ma imparare a sentire la rabbia senza sfogarci non è compito da poco. Non lo facciamo per reprimere ma per farne davvero esperienza nel momento in cui la proviamo e non entrare in quel grande o piccolo movimento dissociativo che l’esprimerla comporta.
Ogni volta che vogliamo fare davvero esperienza di una emozione proviamo a suddividerla nelle sue tre componenti: la situazione obiettiva, l’emozione stessa percepita nel corpo e i comportamenti che da essa sono scaturiti. Questa attenzione ai comportamenti che mettiamo in atto è una perla preziosa: permette di entrare in contatto con le convinzioni di fondo che alimentano la nostra rabbia e che ci intrappolano in schemi ripetitivi di reazione.
Fate caso alla rabbia ogni volta che si presenta. Consideratela il sentiero che porta al risveglio. Osservate come scaturisce dalle immagini non soddisfatte. Cercate di capire se la frenate o la esprimete. Se la esprimete prendete nota del sapore che ha: si esprime interiormente facendovi cuocere a fuoco lento, o la esternate, sia pure con mezzi sottili? Osservate se riuscite a identificare le convinzioni radicate. poi ritornate all’esperienza fisica della rabbia. Siate disposti a fare esperienza delle paure più profonde? Ricordate che vi sarà possibile solo quando decidete di mettere fine alle accuse. Volete mantenere il cuore richiuso nella rabbia? Ezra Bayda
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2020 Pratiche informali di ordinaria felicità