
L’apprendimento ha luogo soltanto in una mente innocente e vulnerabile. Krishnamurti
L’acronimo RAIN è utilissimo per insegnare i quattro principi per la trasformazione consapevole delle difficoltà: RAIN sta per Riconoscimento, Accettazione, Investigazione e Non identificazione.
Riconoscimento
Il riconoscimento è il primo principio della trasformazione. Quando ci troviamo bloccati, nella vita, dobbiamo essere disposti innanzitutto a vedere ciò che è così com’è. Il Riconoscimento ci fa uscire dalla negazione. La negazione mina alla base la nostra libertà.(…)Soffriamo se neghiamo la nostra insoddisfazione, la nostra rabbia, il nostro dolore, la nostra ambizione; soffriamo se neghiamo i nostri valori, le nostre convinzioni, i nostri desideri, la nostra bontà. Il riconoscimento fa della nostra consapevolezza un ospite onorato. Grazie a lui, diamo un nome all’esperienza e dentro di noi ci inchiniamo ad essa. Ci sposta dall’illusione e dall’ignoranza verso la libertà.
Accettazione
L’accettazione è il successivo principio della trasformazione. Ci permette di rilassarci e di aprirci ai fatti che abbiamo davanti agli occhi. È necessaria perché il riconoscimento può generare una sottile avversione, una resistenza, un desiderio che le cose stiano altrimenti. “Accettazione” non vuol dire che non si possa lavorare per migliorare le cose ma solo che attualmente le cose stanno così. L’accettazione non è passività ma un passo coraggioso nel processo della trasformazione. Accettazione è un moto del cuore ad includere qualunque cosa si trovi davanti: “anche questo”.
Investigazione
Riconoscimento e accettazione portano al terzo principio della trasformazione: l’investigazione. Il maestro zen Thich Nhat Hanh la chiama visione profonda. Riconoscimento e accettazione ci fanno riconoscere il dilemma che viviamo e accettare la verità di tutta la situazione: poi dobbiamo investigare più a fondo. Ogni volta che blocchiamo è anche perchè non abbiamo osservato a fondo la natura dell’esperienza. I quatto aspetti fondamentali della presenza mentale sono corpo, sensazioni, mente e Dharma inteso come elementi dell’esperienza. Iniziando con l’investigazione sul corpo, cerchiamo di focalizzare l’attenzione sulla zona che “contiene” quella difficoltà. A volte avvertiamo una sensazione di calore, una contrazione, un blocco e un tremito; altre volte sentiamo una zona pulsare o notiamo una insensibilità oppure una forma e un colore particolari. Prendiamo contatto con queste zone con un senso di resistenza o di consapevolezza? Ci sono altri strati? Hanno un centro? Si intensificano, si spostano, si espandono, si modificano, si ripetono, si dissolvono, si trasformano?
Poi indaghiamo il tono di massima della sensazione: è piacevole, spiacevole o neutro? Le andiamo incontro con consapevolezza? Quali sensazioni secondarie si associano? Quindi è il turno della mente: quali pensieri e immagini si associano a questa difficoltà? Prendiamo consapevolezza di tutte le storie, i giudizi, le convinzioni che teniamo dentro? Il quarto elemento – quello che abbiamo chiamato Dharma – sono gli elementi e gli schemi che concorrono a formare la nostra esperienza. Per esempio, la difficoltà espande o contrae il nostro stato mentale? È sotto il nostro controllo oppure sembra vivere di vita propria? Infine notiamo fino a che punto ci identifichiamo con essa. Questo ci riporta al quarto elemento: quello della non identificazione
Non identificazione
Non identificazione significa smettere di scambiare l’esperienza per Io e Mio. Ci rendiamo conto che la nostra identificazione genera dipendenza, ansia e insincerità. Praticando la non identificazione in ogni stato, esperienza e storia ci chiediamo “È questo ciò che sono realmente”? Ci rendiamo conto di quanto sia provvisoria quell’identità; allora siamo liberi di lasciar andare e di dimorare in pace nella consapevolezza stessa. Questo è il punto culminante del processo di sciogliere le difficoltà con il processo RAIN.
Jack Kornfield La vita serena
Per la Rubrica “Addomesticare pensieri selvatici” ©www.nicolettacinotti.net