
C’è una parola che in questi giorni mi torna spesso in mente. È la parola “consumatori”. Non siamo più identificati come persone ma con l’azione che compiamo nel momento in cui acquistiamo qualcosa. I consumatori possono non comprendere il valore di ciò che acquistano e che consumano. L’importante è che consumino.
In questo momento però l’etica del consumo è ribaltata: abbiamo i negozi chiusi. Consumiamo cibi diversi rispetto al solito. Mangiamo a casa. Non produciamo nelle stesse quantità e non consumiamo nelle stesse quantità. Ho scoperto che posso vivere due mesi senza acquistare nessun oggetto o limitando moltissimo il tipo di oggetti di uso quotidiano. Così nella festa dei lavoratori mi piace pensare che potremo essere lavoratori e smettere di essere consumatori. Magari torneremo ad essere clienti ma quella parola “consumatori” mi sembra che dovrebbe essere messa in dis-uso: troppo priva di valore, troppo povera di contenuto relazionale.
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle. Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano. Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di seder- si,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore. Molti di questi valori non ho conosciuto. Erri De Luca
Buon Primo Maggio
© Nicoletta Cinotti 2020