
Forza e debolezza stanno, come rabbia e tristezza, coraggio e paura, in un continuo dialogo interiore. Vorremmo essere tutti forti e armati ma troppa forza non ci permetterebbe di vibrare di gioia, di sussultare di felicità, di cogliere i brividi di piacere che la vita ci offre.
Troppo tesi i muscoli dei forti per conoscere il vibrare della tenerezza che si accompagna alla gioia.
Allora per questa ragione ci venne data la possibilità di sperimentare – ognuno a proprio modo – il riverbero della debolezza. Così che ci fosse possibile sentire la commozione per quello che viviamo e lo stupore per quello che accade. Peccato che tanta apertura possa, a volte, spaventarci e farci tirare fuori riserve di difesa dai luoghi più nascosti.
Non è pericoloso essere deboli. È pericoloso non saper proteggere la propria debolezza e non aver la possibilità di provare, per la nostra debolezza, gratitudine. È proprio lì, nella parte debole che troviamo sufficiente energia vitale per continuare a crescere e cambiare. È proprio lì, nella nostra debolezza, che troviamo le riserve della tenerezza. È proprio lì, nella nostra debolezza che il coraggio ci corre in soccorso e ci prende in braccio per ricordarci che ogni passo va fatto tutti insieme. Tutte le parti di noi insieme. Non possiamo lasciare sulle porte di Troia nessuna parte di noi: tutte chiedono riscatto e soccorso.
Chi è tenero non vuole farcela a tutti i costi, vuole sentire come sta e sentire come stanno gli altri, è sorella e fratello, non è genitore, non è maestro. La tenerezza sa stare alla pari, fianco a fianco, non è frontale. Così raro oggi, che giri l’angolo e trovi un guru, ma devi girare tutto il mondo per trovare un amico sincero che pianga con te, rida con te e non ti voglia spiegare la vita e risolvere i suoi misteri.
Ecco la tenerezza trova misteri dove gli altri vedono problemi. Chandra Livia Candiani
Pratica del giorno: Self compassion breathing
© Pratiche informali di ordinaria felicità 3
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