
Ci sono due regole che si trovano in tutte le famiglie che funzionano male: “non sentire” e “non dire”.
Sono due regole che diventano, con il tempo, il modo con cui trattiamo noi stessi quando c’è qualcosa che non funzione. In quei casi, molto spesso, la prima strategia che adottiamo è ” meglio non sentire” e, subito dopo o insieme “meglio non dire”.
La mindfulness si inserisce tra queste due regole e, goccia dopo goccia, ci restituisce la possibilità di sentire. È come tornare a casa perché non sentire è una forma di isolamento e separazione da noi stessi. Man mano che sentiamo diventa più semplice, naturale, anche spontaneo passare ad esprimere con più libertà ma questo passaggio non è mai scontato né tantomeno banale.
Dire , esprimere, dare voce, è la vera rottura del tabù. È passare dal non esistere all’esistere; dal nascondersi all’esporsi. Per rompere questa vecchia regola abbiamo bisogno di coraggio, consapevolezza e pazienza. Ciò che è rimasto lungamente silenzioso spesso esce fuori in modo disordinato, confuso. Risente della nostra inesperienza.
E richiede la nostra discriminazione: non abbiamo bisogno di dire tutto. Abbiamo però bisogno di sentire che possiamo parlare, che non c’è qualcosa che è proibito dire. Questa è la vera libertà. Sentire che possiamo scegliere se e quanto parlare, se e quanto dire. Non è dire tutto: è dire quello che abbiamo bisogno di comunicare.
Abbiamo bisogno di vivere ora e per vivere è necessario percorrere il territorio mutevole dell’intimità con noi stessi e con gli altri. Nicoletta Cinotti da Mindfulness in 5 minuti. Pratiche informali di ordinaria felicità
Pratica di mindfulness: Il nostro bambino geniale: meditazione di reparenting
© Nicoletta Cinotti 2020 Reparenting ourselves
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