Chogyam Trungpa – uno dei maestri tibetani che ha portato la meditazione in occidente dopo la sua fuga dal Tibet – diceva che chi pratica è un vulnerabile guerriero. È un guerriero perché la pratica, in sé e per sé, richiede di avere la disponibilità e la volontà di affrontare ciò che c’è nel presente della nostra vita, senza evitamenti e senza fughe. La pratica richiede coraggio. Si è vulnerabili non perché si sia deboli o feriti ma perché si è non difesi, aperti. Non è necessario accettare tutto quello che ci succede, diceva, ma è importante rimanere aperti e non chiudersi. Rimanere nella condizione di essere toccati dalla vita.
Per essere vulnerabili guerrieri – guerrieri aperti alla vita – abbiamo bisogno di una qualità che nominiamo poco e che tendiamo a riconoscere poco: il coraggio. Ieri ho parlato con un’amica che sta affrontando da sola un problema di salute importante. Va dai medici, fa visite ed esami clinici spesso dolorosi, affronta il rischio che la sua malattia comporta e diceva di sé stessa che si sentiva fragile. Io vedevo invece il suo incredibile coraggio, la sua forza e la sua bellezza nello stare di fronte a quello che le capitava. E il suo incredibile coraggio per me spiccava come un diamante.
Perché non lo vediamo, perché lo diamo per scontato? Perché diamo per scontato il coraggio che ci vuole per chiudere una situazione affettiva o lavorativa difficile? Perché sottovalutiamo il coraggio che ci spinge a fare la libera professione? Ad esporci nei nostri progetti, desideri e attività? Perché ci misuriamo con un ideale di perfezione che non esiste e che, soprattutto, prevede che non ci siano sentimenti di vulnerabilità. Quei sentimenti umani che ci fanno sentire i nostri limiti. Eppure è proprio nel momento in cui siamo consapevoli dei nostri limiti e andiamo avanti, proprio nel momento in cui sentiamo il rischio, è in quei momenti che coltiviamo il nostro coraggio.
Il coraggio non è assenza di paura. È stare con la paura e fare lo stesso quello che abbiamo scelto di fare. Abbiamo delle idee sbagliate sulla vulnerabilità – che consideriamo debolezza – e questo non ci fa vedere il nostro coraggio. La vulnerabilità non è debolezza: è apertura.
Come racconteresti la tua vita dalla prospettiva del coraggio? Se invece che nascondere le tue paure per vergogna raccontassi a te stesso tutte le volte in cui hai avuto il coraggio di fare delle scelte difficili? Come racconteresti la tua vita se ammettessi che avere paura è normale e che il vero coraggio è non farsi paralizzare dalla paura? Cosa racconteresti della tua vita di vulnerabile guerriero?
Per essere un guerriero spirituale,
uno dovrebbe avere un cuore rotto;
senza un cuore rotto
e il riconoscimento di un senso di tenerezza e vulnerabilità
dentro di sé e in tutti gli altri,
il suo valore guerriero non è credibile.
Chögyam Trungpa Rinpoche
Pratica di mindfulness: Va bene così (meditazione live)
Pratica informale: Fai un elenco scritto dei tuoi atti di coraggio in questa giornata. Scrivili prima possibile e ferma la tua attenzione su come ti senti dopo averli fatti. Inizia dai piccoli atti di coraggio: sono quelli più disattesi
© Nicoletta Cinotti 2019 Scrivere la mente