
Carlo Rovelli è un fisico che insegna in Francia con una passione per la divulgazione scientifica. Questo brano è stato pubblicato sul “Sole 24 ore” il 30 Marzo 2012 e fa parte della raccolta “Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza” un libro che raccoglie articoli di giornale comparsi tra il 2010 e il 2018 sul “Corriere della sera” e sul supplemento della domenica del “Sole 24 ore”
la letteratura è piena di scienza. Un intero filone, la fantascienza, se ne nutre. Il teatro ha affrontato la scienza: basti lo splendido Galileo di Brecht, che coglie il cuore dell’atteggiamento critico su cui si radica il pensiero scientifico (« Rimetteremo tutto, tutto in dubbio […] Quello che troviamo oggi, domani lo cancelleremo dalla lavagna e non lo riscriveremo più, a meno che posdomani lo ritroviamo un’altra volta. Se qualche scoperta seconderà le nostre previsioni, la considereremo con speciale diffidenza. […] E solo quando avremo fallito, quando, battuti senza speranza, saremo ridotti a leccarci le ferite, allora con la morte nell’anima cominceremo a domandarci se per caso non avevamo ragione.» Così risponde alla fine della commedia il Galileo brechtiano al giovane assistente Andrea, che voleva trovare subito prove a favore di una bella idea.) Alcuni grandi scienziati, poi, Galileo stesso primo fra tutti con il suo rutilante Dialogo sopra i due massimi sistemi, hanno scritto opere che figurano senza timore fra i classici della letteratura. Ma è la più grande letteratura che ha cercato di fare direttamente i conti con la visione scientifica del mondo. L’incipit folgorante di uno dei più intelligenti romanzi del primo Novecento, L’uomo senza qualità, è un arido elenco di dati meteorologici che si apre, alla fine del paragrafo, nella loro rilettura in termini quotidiani: «… era, in altre parole, una bella giornata d’agosto».
Per trovare il puro cantore della scienza, tuttavia, bisogna risalire ancora, e arrivare all’immenso poeta che ha saputo unire poesia e scienza mostrando quanto nell’intimo questi due sguardi umani sull’universo siano simili, quasi una sola cosa: Lucrezio. Le stesse deduzioni razionali hanno in lui forza di poesia: «E ora se il numero degli atomi è così sterminato / che un’intera età dei viventi non basterebbe a contarli, / e se vi è la medesima forza e natura che può / congiungere gli atomi dovunque nella stessa maniera / in cui si congiunsero qui, è necessario per te riconoscere / che devono esistere altrove nel vuoto altri globi terrestri / e diverse razze di uomini e specie di fiere» (trad. L. Canali). Il naturalismo, che anima la scienza, non ha solo fatto soffrire Leopardi: ha anche riempito di serenità Lucrezio (« A volte, come i bambini che hanno timore del buio, così noi temiamo, alla luce del giorno, per cose altrettanto inconsistenti di quelle di cui al buio ha paura il bambino»). Ed è questo permeante naturalismo a permettere a Lucrezio, l’antireligioso antico per eccellenza (« A tante sciagure ha potuto indurre la religione»), di rivolgersi alla dea Venere con sentimenti pieni di luce: «Madre degli Eneadi, voluttà degli uomini e degli dèi, / alma Venere, che sotto gli astri vaganti del cielo / popoli il mare solcato da navi e la terra feconda / di frutti, poiché per tuo mezzo ogni specie vivente si forma, / e una volta sbocciata può vedere la luce del sole: / te, o dea, te fuggono i venti, te e il tuo primo apparire / le nubi del cielo, per te la terra industriosa / suscita i fiori soavi, per te ridono le distese del mare, / e il cielo placato risplende di luce diffusa» (trad. L. Canali). Da Lucrezio sono passati venti secoli, durante i quali si sono aperti via via davanti ai nostri occhi abissi di sapere nuovo e, insieme, nuovi sconfinati misteri: arriveremo a trovare qualcuno capace di cantare oggi nuovamente, e con altrettanta luce, la complessità, il mistero, e insieme la strana comprensibilità e la profonda bellezza della natura, svelati dallo sguardo della scienza?”
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