
C’è un tipo di fatica che non misuro nei muscoli ma solo nella mente. Posso provare questa fatica anche rimanendo perfettamente ferma e immobile: è la fatica di quando la mia mente è dispersa nell’elenco delle cose da fare. Mi viene in mente la prossima cosa e poi un’altra – di tutt’altra natura – e così via; un progetto dopo l’altro in ordine confuso e casuale che si affastellano spezzettando la mia attenzione come briciole di pane.
Alla fine, se rimango in questa condizione di mente dispersa, sono più stanca che se avessi scaricato sacchi di cemento. Come se semplicemente pensare alle cose da fare comportasse il mettere in azione dei muscoli. Diventa una vera e propria stanchezza fisica. Il miracolo è che, per lasciarla andare, non serve il divano. Anzi quello peggiora le cose perchè non arresta la frammentazione dell’attenzione ma la amplifica.
Allora faccio la vecchia cura universale: mi muovo, passo all’azione. Vado a camminare o faccio un po’ d’esercizio fisico. Qualcosa che impegni il corpo a sufficienza da diminuire il volume dei pensieri e il chiacchiericcio della mente. Basta quello perché tornino energie. Basta quello perché la mia stanchezza torni ad essere normale, il frutto dell’attività e non il frutto del pensiero.
Perché funziona? Perchè muovendomi rimetto insieme mente e corpo, o meglio le rimetto in sintonia. Offro ad entrambe un ritmo condiviso. Quella dispersione mentale, anche se fatta rimanendo perfettamente immobile, consuma tutte le energie che abbiamo a disposizione. Le energie di immaginazione, creatività e fiducia. Ci mettiamo nella condizione di sentirsi impotenti anche senza aver provato a fare qualcosa. Semplicemente ci siamo lasciati soverchiare dall’enormità della nostra vita.
È un trucco della mente che funziona un po’ a casaccio. Non sempre è un buon maestro. Anzi, molto spesso è il cattivo maestro di un allievo troppo ubbidiente.
Quando corpo e mente non sono sincronizzati a volte la mente è breve e il corpo è lungo oppure la mente è lunga e il corpo è corto. Così siete impacciati persino nel prendere un bicchiere d’acqua. Siete troppo distanti o troppo vicini. Chogyam Trungpa
Pratica di mindfulness: Protendersi
© Nicoletta Cinotti 2020 Pratiche informali di ordinaria felicità