
C’è qualcosa di profondamente tenero e umano nell’aiutare e nell’essere aiutati. Qualcosa di primitivo e candido, come il latte che ci ha nutrito. Non nasce da una riflessione ma da un impulso, una spinta che ci ricorda quanto siamo collegati, connessi. Che ci ricorda che il nostro essere umani è fatto di cuore, carne e cervello. E né il cuore, né la carne né il cervello sono ostili al dare e ricevere aiuto.
Senza questo continuo e reciproco scambio saremmo come un albero senza clorofilla, una pianta senza radici: avremmo una scarsa autonomia. Perchè aiutando non perdiamo solo tempo, energie, risorse ma riceviamo, impariamo, apriamo la nostra prospettiva. L’aiuto non è mai unidirezionale: è sempre reciproco. Aiutare è un modo diverso di guadagnare: è una sorta di baratto che cura entrambi.
Nel dichiarare il nostro bisogno rendiamo integrità e dignità alla nostra persona. Nell’offrire la prima forma d’aiuto – l’ascolto – lasciamo che la parte tenera e vulnerabile di noi riconosca che il bisogno riguarda, in modi diversi, tutti. Un aiuto che non nasca dall’ascolto è un atto narcisistico e meccanico. Non ascoltiamo solo con le orecchie: ascoltiamo con il cuore. È la nostra possibilità a risuonare emotivamente con quello che ci viene detto che permette di cogliere il vero significato delle parole. Ci liberiamo così da quel male oscuro che è la vergogna nei confronti della nostra debolezza. E permettiamo la nascita della solidarietà. Con le nostre parti vulnerabili. E, anche se non ci piace ammetterlo, prima o poi siamo tutti molto vulnerabili.
Ascoltate con delicatezza. Lasciate che parole e storie tocchino un cuore compassionevole.(…) Lasciatevi toccare dall’esperienza di un altro. Gregory Kramer
Pratica di mindfulness: Meditazione sul cambiamento e la gentilezza amorevole
© Nicoletta Cinotti 2018 La cura del silenzio