Regolare le nostre risposte avversative non è un gioco da ragazzi: sono intense e ci sembrano sempre legate ad una questione di sopravvivenza. Ci sembra sempre di aver ragione, ci sembra sempre che ci siano buoni motivi per aver paura o essere arrabbiati.
Nello stesso tempo sono sentimenti difficili da sostenere e quindi abbiamo bisogno di fare qualcosa per regolarne l’intensità, qualcosa che non sia necessariamente esprimerli.
Così ci distraiamo, lasciamo che l’attenzioni vaghi qua e là. Riduciamo la consapevolezza per ridurre il disagio.
E’ una strada che non paga perché poi, anche quando vorremmo essere consapevoli, non ci riusciamo, visto che ci siamo allenati alla distrazione.
Ci sono altri modi per regolare la nostra rabbia e la nostra paura: è incontrarle durante la meditazione di consapevolezza. Assaggiarne il tessuto emotivo, l’intensità e la localizzazione nel corpo, il flusso di pensieri che producono. In una parola andargli incontro anziché evitarle: ripetendoci “posso aprirmi anche con questa esperienza”. Perché di fatto è così: non c’è esperienza alla quale non possiamo apririci se percorriamo la strada della consapevolezza anziché quella dell’azione.
La poiana non ha nulla da rimproverarsi.
Pratica di mindfulness: Lavorare con le emozioni Gli scrupoli sono estranei alla pantera nera.
I piranha non dubitano della bontà delle proprie azioni.
Il serpente a sonagli si accetta senza riserve.
Uno sciacallo autocritico non esiste.
La locusta, l’alligatore, la trichina e il tafano
vivono come vivono e ne sono contenti.
Il cuore dell’orca pesa cento chili,
ma sotto un altro aspetto è leggero.
Non c’è nulla di più animale
della coscienza pulita,
sul terzo pianeta del sistema solare.
Wislawa Szymborska “Lode della cattiva considerazione di Sè”
©Nicoletta Cinotti 2015
Immagine di ©piperitadesign
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