Domenica scorsa, in tutto il mondo si è tenuta la prima giornata internazionale dedicata allo Yoga. Forse penserete di saperne già abbastanza su questo argomento. E forse è vero. La mia passione per il tema mi porta però ad aggiungere un piccolo contributo. Un sunto delle 6 ragioni per cui, per me, come per molti altri praticanti, esserci è stato importante.
“Ognuno dovrebbe sapere che un grande movimento non è così buono come un movimento piccolo, che un movimento piccolo non è buono come l’immobilità (stillness), e che solo l’immobilità è il movimento senza fine.” (Wang, 2005).
La prima ragione: bhakti
Ho iniziato a praticare Siddha Yoga nel 1986: non è stato amore a prima vista ma è stato un rapporto solido, durato con continuità per quasi trent’anni, fino a che non ho iniziato a praticare la mindfulness. Il siddha yoga è stata la mia casa per la crescita umana, per imparare la disciplina gentile e la cura attenta dei movimenti. Il Siddha Yoga è stato, prima di tutto, meditazione accompagnata da devozione – bhakti – una meravigliosa parola sanscrita che disegna quella speciale qualità di amore che si prova nel percorso spirituale. Ecco, quindi, la prima ragione si chiama bhakti.
La seconda ragione: condivisione
Non credo che possa esistere un sentimento senza una condivisione. È il fatto stesso di provare un’emozione che ci porta a condividerla. Questo avviene per tutte le emozioni: distruttive o costruttive che siano. Lo facciamo implicitamente o esplicitamente. A volte ne siamo consapevoli, a volte no. Ecco domenica 21 Giugno è stato un momento di condivisione.
Per questa ragione lunedì 29 i partecipanti alla giornata avranno un altro momento di incontro: alle 18 al Centro Atman di Genova.
La terza ragione:costruire una comunità
La pratica è un percorso difficile, con molti momenti di aridità e solitudine. Non sappiamo come orientarci, ci sembra di non procedere, di essere persi. Per questo avere una comunità, un sangha, è così importante.
L’energia della comunità ci sostiene nei momenti difficili, ci fa crescere più velocemente quando le cose invece sono fertili. Il sangha diventa così un luogo più protetto nel quale confrontarsi con tutte – proprio tutte – le dinamiche che accadono nelle relazioni. Quelle buone e quelle meno buone ma che, attraverso la pratica diventano più dolci.
La quarta ragione: costruire una cultura
Lo yoga ha costruito una cultura, si è diffuso nel mondo perché la cultura non ha confini. Corre leggera e veloce. È arrivata in Occidente rendendo così il nostro pensiero più ricco e flessibile. La cultura ha bisogno di nutrimento: è un processo di educazione che può iniziare fin da piccoli.
Anzi forse per i piccoli è ancora più semplice che per i grandi. In questo incontro noi occidentali abbiamo portato una qualità tipica della nostra cultura: un approccio anche scientifico a questo tema così apparentemente lontano dalla scienza.
La quinta ragione: il pensiero che nasce dal corpo
Non credo di essere una mente particolarmente scientifica ma amo studiare e così qualche tempo fa ho trovato un articolo pubblicato su Frontiers in Human Neuroscience di Laura Schmaltz, Mardi A. Crane-Godreau and Peter Payne. Afferma due o tre cose davvero interessanti e che riguardano proprio, in particolare, lo yoga e il qigong. La prima è che la vecchia idea che il pensiero si sviluppi solo dalla cognizione non sembra più essere tanto valida. Una nuova teoria postula che la cognizione (compreso il pensiero astratto, la conoscenza concettuale e la memoria semantica) è radicata nel sistema sensorio modale del cervello, piuttosto che essere fondata su computazioni astratte. Ossia il nostro pensiero nasce dalle esperienze corporee, incarnate. In più la nostra mente, formandosi da ciò che percepisce si crea in base alle esperienze sensoriali che l’ambiente propone e sulla base del movimento.
La sesta ragione: la cura che nasce dal movimento
Mi occupo di cura attraverso il corpo da quando ho iniziato a lavorare come psicoterapeuta. Giorno dopo giorno ho imparato dal mio corpo e dal corpo delle persone che curo. Giorno dopo giorno vedo che il corpo arriva dove – a volte – non arrivano le parole.
Rende le parole più significative restituendo loro quella funzione di espressione della coscienza. Le parole possono essere teoriche ma il corpo trasforma in pratica ciò che viviamo e restituisce una verità che va al di là di qualsiasi discorso sull’argomento.
Sadhana, spiritual practice, has a way of creating a boundaryless boundary to hold the experience of the Infinite. When you have discipline, you can experience ecstasy without allowing it to dissipate. Swami Chidvilasananda
© Nicoletta Cinotti 2015
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