Il respiro, il corpo e la mindfulness sono inestricabilmente collegati.
Imparare come dare spazio al respiro è la base sulla quale coltivare una esplorazione paziente e consapevole del nostro modo di rispondere agli stimoli interni ed esterni.
Proprio in questo momento, se portiamo la nostra attenzione al respiro, senza cambiare né la nostra posizione, né il ritmo del nostro respiro, possiamo notare il flusso naturale dell’inspirazione e dell’espirazione. Se espandiamo il campo dell’attenzione possiamo accorgerci delle sensazioni legate al viso, al collo, alle spalle. Se troviamo che il nostro respiro è breve o contratto è possibile che emergano sensazioni di restrizione corporea, legate ai muscoli stimolati e coinvolti dal movimento respiratorio.
In questo articolo proveremo come approfondire il respiro senza forzare i nostri limiti, ma solo approfondendo la conoscenza di noi stessi.
Respirare da una vita
Può apparire strano che qualcosa di così sottile come il respiro, abbia effetti così profondi nella nostra vita. Ma la risposta sta nella frequenza e nella continuità di questo atto. Una persona di 35 anni ha già fatto circa 250 milioni di atti respiratori. Ogni giorno facciamo circa 19.000 atti respiratori. Sono numeri che fanno un certo effetto. Questa semplice considerazione ci aiuta a comprendere quanto potente ed efficace può essere la nostra abitudine respiratoria.
Il corpo e il respiro come ancora
Probabilmente molti di noi danno il respiro come un fatto garantito e automatico, che non richiede nessuna particolare attenzione. Eppure il suo ritmico fluire è un costante invito a ricordare il fluire della nostra vita e il suo costante cambiamento. La sua costante ripetizione ci permette di usare il respiro come un’ancora.
La nostra modalità respiratoria è influenzata dalla percezione del nostra ambiente, interno ed esterno.
Se percepiamo una minaccia la nostra necessità di ossigeno aumenta e produciamo una attivazione del ramo simpatico del SNA, che modifica il ritmo respiratorio; lo stesso avviene se ci troviamo in una situazione rassicurante e familiare, grazie all’attivazione del ramo parasimpatico del SNA.
Il respiro e la pausa
In condizioni naturali il respiro non è un flusso ininterrotto ma ha due momenti di pausa. Uno alla fine dell’inspirazione e un altro alla fine dell’espirazione. Se siamo in preda ad una sensazione emotiva la prima cosa che cambia è la qualità di queste due pause. Rimaniamo in apnea inspiratoria o riduciamo il più possibile la pausa espiratoria, che è quella pausa in cui possiamo”sentire” quello che sta avvenendo.
Eppure la pausa è una esperienza importante del respiro e, in generale, della nostra vita. E’ nella pausa che possiamo orientarci, trovare delle risposte che non siano reattive e, in una parola, radicarci nel nostro vero sentire.
Se trovare la pausa nel respiro può essere difficile, possiamo percorrere una strada più rassicurante che è quella dell’ancoraggio al corpo. Infatti portare l’attenzione al corpo, alle sensazioni fisiche, alle tensioni e contrazioni presenti, può fornirci molte informazioni su come tendiamo a reagire agli stimoli della nostra vita e può ampliare lo spazio fisiologico di pausa del respiro, diventando così un modo per comprendere lo stato interno e la matrice delle nostre reazioni.
Respirare come un bambino: centering meditation
Molto spesso nei miei posts uso immagini di bambini. Non è un caso: lo faccio perché molto del lavoro di consapevolezza consiste nel tornare alla freschezza della consapevolezza corporea che avevamo da bambini e al ritmo naturale di respiro che osserviamo nei neonati.
Se passiamo un pò di tempo respirando insieme ad un neonato possiamo imparare una delle meditazioni che presento nel sito: la centering meditation.
Un neonato ha, spontaneamente, una respirazione diaframmatica. Inspira, espira e poi riposa per qualche attimo prima della nuova inspirazione. E’ come se stesse aspettando di sentire di cosa ha bisogno, prima di prendere nuova aria. Possiamo sperimentare questo tipo di respirazione in qualsiasi situazione, ad occhi aperti come ad occhi chiusi, mentre laviamo i piatti o siamo sull’autobus, discutendo con nostro figlio o con il nostro partner.
Il centro del respiro
Molto spesso respiriamo soprattutto attraverso il movimento delle spalle e della parte alta del torace, un respiro che non garantisce una buona quantità di ossigeno perché usa circa un terzo della capacità polmonare, attivando, a lungo andare, la risposta simpatica del SNA. Per essere più espliciti è come se dessimo 2/3 in meno di ossigeno alle nostre cellule. In questo modo, volente o nolente, entriamo in una condizione di stress che, paradossalmente, ci porta a continuare questo tipo di respirazione, attivando un circolo vizioso.
Attivare una respirazione diaframmatica permette di interrompere questo circolo vizioso. Quando respiriamo pienamente il diaframma si espande nell’addome permettendo ai polmoni una piena respirazione. Unica cautela per questa pratica è il punto di fine dell’espirazione. Non dobbiamo per forza arrivare ad espirare tutta l’aria, soprattutto se soffriamo di asma, bronchite cronica ostruttiva o enfisema. In questi casi espiriamo fino al nostro punto personale di espirazione.
La pratica di centering
Prendiamo qualche minuto di osservazione del nostro respiro naturale, senza modificare il suo ritmo e la sua profondità. Quando ci sentiamo pronti espiriamo completamente per lasciare uscire tutta l’aria e rimaniamo per un secondo o due in questa pausa espiratoria.
Lasciamo che inizi l’inspirazione con la sua ampiezza spontanea, senza succhiare l’aria e senza iperventilare. Respiriamo normalmente per qualche respiro successivo e poi ripetiamo la pausa espiratoria per tre/quattro volte. Solo per un secondo o due. Non forziamo, non entriamo in una performance e torniamo al nostro respiro naturale con semplicità se sentiamo disagio o paura. A quel punto rimaniamo nel ritmo e nell’ampiezza che è presente, facendo attenzione alle sensazioni fisiche ed emotive che possono emergere e gustando questa diversa profondità del respiro.
Dov’è la mia pausa
Questa semplice pratica ci aiuta a tornare in contatto con la nostra necessità di fare una pausa e di interrompere il trascinamento dei pensieri o delle attività quotidiane. Domandiamoci, di tanto in tanto, durante le nostre giornate: “Dov’è la mia pausa?”. Ricalibrare il respiro all’inizio può sembrare strano ma il nostro corpo ricorda sicuramente questa respirazione naturale, che ha incontrato sicuramente nella propria infanzia. Farlo ci aiuta a riportare equilibrio nel SNA e ci aiuta a mantenere una posizione riflessiva e non reattiva. Abituarsi alla propria pausa offre una spaziosità che ci permette nuove prospettive.
Il corpo e la pausa
Anche rilassare le tensioni fisiche, attraverso un lavoro di consapevolezza corporea, può permettere di ottenere lo stesso ampliamento della pausa respiratoria. Molti di noi conoscono le tecniche reichiane di lavoro sul respiro che permettono proprio di portare la respirazione ad una maggiore ampiezza diaframmatica. Tecniche che, ovviamente, vanno utilizzate in un contesto psicoterapeutico. Le ricordo solo per sottolineare quanto la psicoterapia corporea sia, fin dai suoi esordi, consapevole della stretta relazione tra respirazione e sensazione.
La pazienza
Il corpo è fatto di abitudini. Abbiamo imparato in tutta la nostra vita come respirare. Riportare il respiro all’ampiezza diaframmatica non è un atto immediato. Inoltre il respiro deve essere flessibile e modificare la sua estensione a seconda delle condizioni dell’ambiente interno ed esterno. Per questa ragione avremo bisogno molto spesso di praticare questa centratura del respiro, ricordando che la risposta respiratoria è la nostra psicofisiologica modalità di entrare in relazione con noi stessi e con il mondo. Non esiste un respiro sbagliato, anche se, a volte, per abitudine, possiamo respirare come se fossimo in pericolo, anche quando non lo siamo. Abbiamo solo bisogno di portare consapevolezza al nostro respiro, per fidarci e affidarci alla sua saggezza.
Un ausilio audio
Puoi trovare un file audio di sostegno di questa pratica alla pagina audio. Si chiama centering meditation. Usalo con un senso di rispetto e dignità verso te stesso. E’ un modo per esplorare. Non farlo diventare un modo per ferirti. Fermati e rispetta i tuoi limiti. E’ il modo migliore per conoscere chi sei veramente.
a cura di Nicoletta Cinotti
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