Il programma MBCT nasce per rispondere a due interrogativi fondamentali: quali sono i principali meccanismi psicologici coinvolti in una ricaduta (che sia questa depressiva o di altri disturbi psichici?) e come si possono modificare i meccanismi che rendono più alto il rischio di ricaduta?
Due risposte che interessano tutti
E’ facile comprendere che le risposte a queste domande interessano molte persone: chi si trova a fronteggiare il ripetersi dei sintomi psichici, sintomi che sembravano sconfitti, come chi si trova a curare persone che, periodicamente, presentano un riacutizzarsi dei loro disturbi.
Dagli anni ’70 in poi, con il lavoro di Aron Beck fu chiaro che il modo con cui pensiamo a noi stessi, al mondo e al futuro può influenzare significativamente le nostre emozioni e il nostro comportamento. Certamente il pensiero negativo può causare e mantenere la depressione perché fa emergere sentimenti negativi sproporzionati che innescano una catena di altri sentimenti negativi, ma non spiega il meccanismo delle ricadute depressive.
L’effetto dell’umore sul pensiero
Nel tentativo di comprendere la vulnerabilità alle ricadute Williams, Teasdale e Segal – gli ideatori del protocollo MBCT – iniziarono a valutare l’effetto dell’umore sul pensiero. Questa idea fu una piccola ma significativa rivoluzione. Teasdale ipotizzò che gli stati d’animo tristi, o un umore persistentemente basso, avessero l’effetto di riattivare catene di pensieri negativi. Quindi, mentre le persone che non hanno avuto episodi depressivi o disturbi psichici, reagiscono ad una occasionale tristezza senza particolari conseguenze, le persone con una esperienza passata di depressione mantenevano un’eccessiva distorsione cognitiva (per approfondire il tema della distorsione cognitiva vai alla pagina “Emozioni o pensieri”?).
L’umore quindi, in persone che hanno sofferto di disturbi d’ansia, depressione, disturbi ossessivo-compulsivi o depressione, diventa l’interruttore d’innesco di vistose modificazioni del pensiero negativo, attivando l’interruttore della ricaduta.
Il modo di affrontare l’umore
Compreso il meccanismo che apre alla vulnerabilità alle ricadute, l’attenzione fu spostata su come trattare l’umore depresso. Finora, in psicoterapia, ci eravamo sempre confrontati con il lavoro sui contenuti che il paziente portava. Sappiamo moltissimo su come lavorare sui contenuti ma abbastanza poco su come affrontare un umore depresso. A complicare le cose sta il fatto che le reazioni individuali alla tristezza – ossia come rispondiamo quando siamo tristi – possono essere molto diverse: alcuni rispondono con un ripiegamento su se stessi, altri con la distrazione e l’aumento di attività rivolte all’esterno. Questo elemento diventò ben presto un secondo anello della catena esplicativa delle ricadute. L’umore influenza una catena di pensieri negativi: questi pensieri negativi, se affrontati attraverso il ritiro e la ruminazione, diventano una specie di innesco. Manca però il detonatore.
Gli effetti somatici delle emozioni
Pensieri, emozioni e sensazioni fisiche costruiscono un circuito di interazione reciproca: l’umore innesca la catena di distorsioni negative, pensieri negativi trascinano altri pensieri negativi e fisicamente somatizziamo l’effetto di questa spirale. Il processo in verità può iniziare anche dal corpo, come accade, per esempio nelle crisi di panico e negli attacchi d’ansia. Compare un sintomo fisico già sperimentato in precedenza in un attacco di panico, esplode la paura e il conseguente corto circuito dei pensieri che diventano pensieri catastrofici e la ricaduta all’attacco di panico è perfettamente costruita.
Passare dal cosa al come
Tradizionalmente la psicoterapia sottolinea l’importanza del contenuto dei pensieri e la necessità di comprenderli, elaborarli, al fine di mutare il loro contenuto. La mindfulness e la bioenergetica affermano che il cambiamento dei contenuti si può ottenere cambiando il modo con cui entriamo in relazione con le nostre difficoltà e riportando la persona ad una percezione più realistica delle cose, attraverso l’attenzione al processo percettivo.
Identificando ripetutamente i pensieri negativi nel momento in cui si presentano, e distanziandosene per valutare l’accuratezza del loro contenuto, oppure facendo la stessa cosa con le sensazioni fisiche che innescano l’attacco d’ansia o la crisi di panico, cambiamo la prospettiva generale dei nostri “Interruttori” e “detonatori” di ricaduta.
E’ straordinario quanto risulta liberatorio sentirsi capaci di vedere che i nostri pensieri sono solo pensieri e non sono noi né la realtà. J.Kabat Zinn
La strada della consapevolezza
Questa è, in breve la storia di come, Williams, Teasdale e Segal arrivarono a utilizzare, con le opportune modifiche, il programma MBSR, per dare vita al programma MBCT, focalizzando l’attenzione sulla consapevolezza di sé anziché sull’analisi dei contenuti. Questo aiuta a riconoscere il momento in cui le oscillazioni dell’umore stanno diventando pericolose, aiuta ad utilizzare le proprie risorse non per la ruminazione ma per il radicamento nel presente e migliora la capacità di conoscersi e padroneggiare le proprie sensazioni fisiche ed emotive. Il programma, come per il corso MBSR, si avvale sia di pratiche formali che informali e richiede la disponibilità ad impegnarsi in prima persona attraverso una pratica regolare di quanto appreso nel corso.
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a cura di Nicoletta Cinotti
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