Sulla vita, e la morte, di David Bowie è stato detto e scritto tutto.
A livello musicale, e personale, poteva incontrare o meno il nostro gusto e il nostro interesse. Ma non vi è dubbio che sia stato uno straordinario esempio di estro, originalità, avanguardia.
In più, per chi è appassionato delle tematiche che riguardano il genere, è stato sicuramente un personaggio affascinante.
Comunque, la cosa più interessante che ho letto su di lui in questo periodo, è stato un editoriale su The Guardian, quotidiano londinese. L’autore si chiama Hari Kunzru, ed è uno scrittore e giornalista inglese di origini indiane, il quale, nel raccontare il modo in cui si è avvicinato al mondo di Bowie da ragazzino, sottolinea soprattutto l’importanza che il musicista ha avuto nella accettazione della propria diversità, in quanto alla sua provenienza straniera.
Scrive Kunzru: “L’immagine di Bowie ha aperto una breccia nelle mie difese e mi ha spinto a lottare…”
“Per quelli come noi, la cui identità (sessuale, razziale, nazionale..) è involontariamente ambigua, per quelli che devono trarre il meglio dalla propria inautenticità, David Bowie è stato un grande sostegno..” “..La sua fiera ambiguità era una risposta alle domande ostili che perseguitano l’ambiguo, che mi hanno perseguitato da ragazzo e che ancora, talvolta, continuano a farlo adesso. Chi sei? Da dove vieni? David Bowie ci ha insegnato che quando ti chiedono i documenti di identità, non devi conformarti. Ma puoi mostrare i tuoi personali documenti..”
“..Sapevo che la profondità della mia emozione era condivisa da milioni di persone nel mondo, anche se ciascuno nel suo modo personale”.
Ecco. Leggere quest’editoriale mi ha fatto riflettere sul tema della gratitudine. In particolare di quella nei confronti di chi non conosciamo. Ciascuno di noi ha avuto un amico sconosciuto tra i cantanti, gli scrittori, gli attori. Tutti noi abbiamo chiesto a un libro, a un film o a una canzone di rassicurarci rispetto a quello che sentivamo, soprattutto se si trattava di qualcosa che non era apparentemente accettabile né condivisibile.
Quando si è in difficoltà o quando si è giovani, le nostre emozioni assumono la dignità di esistere solo quando sentiamo che non appartengono solo a noi, ma che hanno un respiro universale.
Ecco perchè ciascuno di noi ha avuto il suo David Bowie, che segretamente e intimamente ringrazia, ogni volta che ascolta una sua canzone o vede un suo film.
E’ anche grazie a loro se abbiamo imparato che andiamo bene così.
© Maurizio Tuccio 2016 Redattore della nuova rubrica “Sui generis”
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