Anche se possiamo scegliere di prestare attenzione intenzionale e consapevole a ciò che proviamo questo non risolve il problema della realtà delle nostre percezioni. In effetti tutti noi abbiamo numerosi esempi del fatto che spesso la nostra percezione è influenzata dall’umore o dalle nostre paure e rischia di essere poco accurata: un’altra buona ragione per valutare se rispondere o reagire a ciò che ci succede.
Rispondere o reagire?
La reazione è immediata: un meccanismo d’emergenza che è bene che esista ma che può fare parecchi danni se usato senza discriminazione. Rispondere è qualcosa che nasce dallo spazio interiore in cui, siamo consapevoli di ciò che succede ma lo guardiamo con una prospettiva più ampia, che includa noi stessi, il fatto che nessuno di noi è perfetto, e il fatto che le cose spesso non hanno bisogno di intervento per risolversi, ma solo di tempo per elaborarle.
Prendersi lo spazio per rispondere anziché per reagire ci permette di trovare dei modi di risposta che non feriscano, ma che si occupino, prima di tutto, del nostro dolore, e solo dopo della soluzione. Permette anche di fare una distinzione utile e sottile, tra dolore e sofferenza.
Distinguere tra dolore e sofferenza
Se è vero che non possiamo evitare il dolore e che il dolore è una parte dell’esperienza della vita, la sofferenza nasce dalla resistenza a quel dolore. la sofferenza non è ciò che provoca il dolore, ma la reazione – offesa, indignata, ferita – al dolore provato. E’ definibile come il risultato del dolore amplificato dal fatto che cerchiamo di resistere – in modo improprio – al fatto di provare dolore.
la nostra sofferenza – continuando nella distinzione tra dolore e sofferenza – è causata dal fatto che quell’evento non avrebbe dovuto accadere, che le cose, nella nostra aspettativa, sarebbero state diverse. Per questo battiamo la testa contro la realtà, cercando di cambiarla o di trovare soluzioni ( che ovviamente includono la vendetta).
Più resistiamo al fatto che la cosa è successa, più soffriamo. Il dolore ha, per sua natura, una specie di carattere gassoso. Se lo lasciamo libero si diffonde e alla fine scompare nell’aria. Se lo comprimiamo in uno spazio definito la pressione e la concentrazione crescono in maniera proporzionale e possono arrivare all’esplosione se lo spazio è davvero troppo piccolo.
Giudicare e resistere
Se giudichiamo e resistiamo a ciò che è accaduto, non solo ci esponiamo ad una maggiore rabbia e frustrazione ma offuschiamo la nostra possibilità di fare saggiamente il nostro passo successivo. La consapevolezza ci permette di distinguere tra le cose che possono essere cambiate e quelle che invece possiamo solo accettare, incluso il circo che, a volte, ci passa per la testa. Vorremmo tutti avere un filtro che selezioni solo le emozioni costruttive o positive o le risposte umoristiche e ottimistiche ma, ahimè, questo filtro non esiste. Possiamo farlo noi attraverso la consapevolezza ma non si accende automaticamente. Richiede attenzione e intenzione. Pensieri ed emozioni emergono perché abbiamo una storia, che attiva associazioni, dei condizionamenti culturali, le risposte tra uno psicologo e un carrozziere sono diverse – e non è detto che quelle dello psicologo siano migliori! – , fattori ormonali, d’età e di situazione economica. Un insieme variegato che attiva reazioni. Quando ci giudichiamo per le nostre reazioni dimentichiamo tutti i fattori precedenti , per i quali non c’è da biasimarsi. Osserviamo quello che emerge – a volte può anche essere comico – e poi “semplicemente” lasciamolo fluire. Alla fine della giornata potremo accorgerci di essere stati – e tutto nello stesso giorno – dei santi, dei martiri, dei killer e degli anonimi impiegati…attori o registi…sceneggiatori e commessi. Se non ci perdiamo in nessuna di queste interpretazioni, giustificandole o rinforzandole, tenderanno a svanire. La nostra mente è come un cappellaio matto che produce storie solo se continuiamo a crederci.
Distinguere tra dolore e sofferenza (2)
Essere consapevoli significa accettare il presente, sapendo che la differenza tra dolore e sofferenza, implica una differenza in come sarà il nostro futuro. Il dolore ha una durata temporale e poi svanisce, la sofferenza può essere eterna perché è alimentata direttamente da noi.
Questa consapevolezza può essere alimentata in molti modi: portando l’attenzione al corpo come pratica quotidiana, attraverso esercizi di radicamento nel presente, attraverso i programmi mindfulness based, attraverso un diario giornaliero in cui dare nome alle emozioni e alle sensazioni fisiche, attraverso le poesie….
Questa pagina è strettamente collegata con la pagina sulle emozioni difficili e ne è la prosecuzione virtuale…
a cura di Nicoletta Cinotti © 2014
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