
Questi sono giorni di saluto per me. Ho concluso alcuni progetti e sono nella transizione verso nuove attività. Mi lascia, questo passaggio, il valore della transizione. Il senso del momento in cui non sono più con qualcuno e non sono ancora con un nuovo gruppo.
Questa transizione ha la fertilità del vuoto, la fertilità che nasce dall’aver lasciato andare e promette una fioritura. La nostra vita è piena di momenti di transizione. tra un’attività e l’altra delle nostre affollate giornate. Tra la fine di una relazione e l’inizio di qualcosa di nuovo. In genere preferiamo dimenticare questi momenti di transizione: li riteniamo una semplice pausa, a volte troppo grande per essere davvero abitata. Ci spaventa la compagnia della solitudine o ci occupa l’ansia del nuovo nizio
In realtà la transizione è spesso il momento dell’ascolto: il momento in cui possiamo rimanere in compagnia di ciò che abbiamo imparato. Sono un modo per praticare pausa, perché liberi dalla spinta e dal rumore dell’attività. Momenti preziosi perché lì – in quello spazio-tempo virtuale – il nostro pilota automatico rallenta e ci rendiamo davvero conto di quello che è successo.
Quante volte sentiamo ciò che è accaduto solo dopo che è finito? O sappiamo cosa rispondere solo dopo che l’altro se n’è andato? Perché, per sentire, abbiamo bisogno di quel vuoto e, se lo onoriamo, quel vuoto può diventare il nostro piccolo rito di passaggio. Che non interrompe la continuità ma permette di assimilare quello che è avvenuto. E offre un ritmo alle nostre giornate simile al ritmo del nostro respiro: inspiro, espiro e poi inizio e fine del respiro si toccano e in quella pausa espiratoria si compie il miracolo dell’intimità con noi stessi.
I momenti di consapevolezza che hanno preceduto favoriscono futuri momenti di consapevolezza. È arduo trovare aderenza sulle ghiaiose colline dell’abitudine. Gregory Kramer
Pratica di mindfulness: Centering meditation
© Nicoletta Cinotti 2017 Risolversi a cominciare Foto di ©robysenigallia
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