
Ti capita mai di andare a letto con la sgradevole sensazione di non aver fatto molte delle cose che avevi da fare? E di svegliarti con la sensazione che non riuscirai a fare tutte le cose che ti aspettano quel giorno?
È una sensazione sgradevole perché è come se qualcuno ti spingesse da dietro per farti andare più veloce, oppure come se qualcosa ti stringesse alla gola e il respiro non riuscisse ad entrare. Ti affretti ma niente, la sensazione rimane. Perché le cose richiedono tempo, non possiamo farle più veloce di un certo standard: se le facciamo troppo veloci le facciamo male e ce ne dimentichiamo sempre un pezzo.
Quella sensazione però spesso è fraintesa: crediamo che voglia dire che dobbiamo fare le cose di corsa. Vuol dirci – invece – che dobbiamo dare un’ordine di priorità alle cose che abbiamo da fare. Non fare quelle che ci capita prima davanti e poi seguire un fittizio ordine cronologico ma scegliere quale ordine dare a ciò che abbiamo da fare e mettere le cose importanti prima delle altre. Per me è prioritario meditare la mattina. Forse non è la cosa più importante “oggettivamente” ma è quello a cui scelgo di dare la priorità perché sento che per me è basilare. Se seguissi l’ordine cronologico credo che dovrei rispondere alle mail che giacciono e lampeggiano nella mia posta e poi dovrei mettere ordine nei cassetti dove finiscono le cose a caso, e negli armadi e nella dispensa e poi dovrei correre in studio e poi dovrei rispondere alle telefonate quando arrivano e così il mio tempo non sarebbe più mio. Sarebbe posseduto dagli “attori che compaiono” in ordine di apparizione. Dalle richieste cronologiche del mondo esterno.
Scelgo invece di mettere quello che voglio – e devo fare – in un ordine di priorità in cui mi permetto di fare prima quello che per me è importante. Non è stato sempre così. Ho seguito per tanto tempo l’ordine cronologico e non l’ordine delle priorità e avevo sempre l’affanno perchè le cose che amavo restavano sempre fuori. Adesso accetto che alcune cose che amo siano rimandate ma non accetto più di rimandare tutto all’ordine cronologico. La priorità e la scelta è un nostro diritto che ci rende padroni del tempo che viviamo.
I greci avevano due parole per il tempo: cronos e kairos. Cronos è la natura quantitativa del tempo. Veniva usato per definire quanto tempo ci vuole per fare una cosa, e si misura in secondi, minuti, ore. Kairos è un tempo qualitativo, un periodo di tempo indeterminato in cui accade “qualcosa” di speciale. Se dedichiamo la nostra vita a Cronos la riduciamo ad una addizione di anni. In questi anni però la felicità, la gioia, l’appagamento, sarà indicato da quanti kairos abbiamo vissuto, da quanti momenti in cui, indipendentemente dall’azione che facevamo, quel tempo ha avuto una qualità: la qualità della nostra presenza.
Kairos è un tempo che pulsa all’interno del tempo cronologico, che lo lavora e lo trasforma dall’interno. È, da una parte, il tempo che il tempo impiega per finire, dall’altra il tempo che ci resta, il tempo di cui abbiamo bisogno per fare finire il tempo, per giungere alla meta, per liberarci della nostra rappresentazione ordinaria del tempo. Giorgio Agamben
Pratica di mindfulness: Spazio di respiro di tre minuti
© Nicoletta Cinotti Il protocollo MBSR
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