Non ricordo esattamente dove ho letto una frase attribuita al Dalai Lama che sottolineava quanto sia difficile – se non impossibile – dare una disciplina ad una persona. La disciplina, diceva, dobbiamo darcela noi. Possiamo facilitare questo aspetto ma non possiamo imporlo perché sarebbe usare una forma di potere. Che potrebbe sfociare nella violenza.
Questa frase mi ha tanto colpito che ho continuato a tenerla con me, perché tenderei a disciplinare. A mettere ordine. A mettere limiti e confini. Come se il disordine, la mancanza di struttura fosse ammissibile solo nelle transizioni. Poi un giorno mi sono accorta che la transizione è molto lunga. Da un certo punto di vista siamo sempre in una transizione, in un cambiamento, in un passaggio.
E, soprattutto, mi sono accorta che dare dei limiti agli altri è frustrante. E pericoloso. Perché è qui che inizia la dipendenza: dal dare regole, limiti e confini. Dal dare forma e struttura. Così ho iniziato a guardare le cose da un altra prospettiva: non voglio dare limiti ma desidero rispettare i miei confini.
I confini di quello che sento di poter fare, di quello che sento di poter essere. I confini non sono barriere. Sono linee del cuore in movimento continuo, come le onde del mare.
Possono portarci così vicino e in intimità che quasi ci confondiamo e poi spingerci lontani. Ma non è qualcosa che io faccio a te. È qualcosa che dice dove sono e dove mi puoi trovare. Qui. Adesso. Ora.
Pratica di mindfulness: I suoni del silenzio
© Nicoletta Cinotti 2016 Le radici della felicità
Foto di © Federico Montaldo
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