
Ci sono molti momenti della nostra vita in cui sentiamo il bisogno di dare una direzione al cambiamento. A volte questa direzione è chiara. Altre volte è offuscata e coperta da una sensazione di incertezza e instabilità come se ci muovessimo nella nebbia.
In generale non ci è stato insegnato a muoversi chiarendo la direzione: ci è stato insegnato a muoversi dando obiettivi e priorità. Un movimento che si sviluppa attraverso obiettivi però è un movimento essenzialmente retto dalla volontà. È un movimento egoico che misura il suo procedere per successi e insuccessi. È un movimento diretto verso un oggetto esterno – un traguardo da raggiungere – che può non avere un senso più complessivo, una direzione più ampia. Così, spesso, quando raggiungiamo un traguardo, dopo un breve momento di soddisfazione, possiamo rapidamente ritrovarci a pensare “E ora?”con un sapore di insoddisfazione che non è ragionevole e che può spingerci verso traguardi successivi più per senso di vuoto che per realizzare noi stessi.
Già, il punto è proprio questo: desideriamo avere un senso di realizzazione di noi e gli obiettivi – anche quelli infilati con successo uno dopo l’altro – possono mancare questa completezza che viene invece dal sentire di aver maturato, compiuto, realizzato la nostra vita.
Questa sensazione di pienezza nasce dall’essere stati pienamente presenti. Che non vuol dire avere perseguito uno scopo con totale dedizione. Vuol dire avere, con totale dedizione, mantenuto la consapevolezza delle tante voci che ci animano, senza tagliare fuori parti di noi. Perché il sacrificio che compiamo, per realizzare i nostri obiettivi, spesso è proprio quello di eliminare la consapevolezza di parti di noi stessi. Come in un rito tribale sacrifichiamo l’agnello – la nostra innocenza – per andare avanti. Ascoltiamo quelle voci interne che ci promettono di renderci felici e invece rimpiccoliscono la nostra vita ad una sequela di compiti e impegni. Quel sacrificio porta qualcosa: ci fa sentire pieni di successi e privi di vitalità. Ancora alla ricerca di quella libertà e pace che sono il nostro diritto di nascita. Un diritto che per realizzarsi non chiede sacrifici ma solo presenza.
Coinvolti nella trance dell’inadeguatezza ci abituiamo ad una gabbia fatta di giudizi su di noi e ansietà, pieni di insoddisfazione e irrequietezza (…):Desideriamo amare con generosità, essere autentici, respirare nella bellezza che ci circonda, ballare e cantare. Eppure ogni giorno ascoltiamo la voce interiore che ci tiene piccoli. Tara Brach
Pratica di mindfulness: La meditazione della montagna
© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale
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