
La mia famiglia era stata una famiglia di partigiani che dopo la guerra si è trovata ad essere dalla parte sbagliata. Erano stati partigiani – e quindi giusti – deportati e privati della loro casa dagli occupanti nazisti in ritirata – ma avevano un negozio e quindi sbagliati. Erano ambiziosi e quindi sbagliatissimi. Erano sempre fuori luogo per qualche ragione. E, come a volte accade, facevano della loro diversità un piccolo vanto.
Io no: avrei pagato per essere come gli altri. Proprio uguale. Non mi faceva sentire fiera la mia diversità, né ero felice perchè i miei erano sempre controcorrente: fare i figli dei salmoni non è facile!
Eppure, come un marchio di fabbrica, finivo sempre per fare qualcosa di diverso e cadere fuori dal nido, dal gruppo, dalla massa. Ho imparato così presto che la sensazione di diversità è come una lama sottile: definisce, distingue, rende nitido ciò che sarebbe, altrimenti, offuscato. E ha un prezzo. Chi si sente diverso o è diverso, non lo sceglie: ci si trova. Non è il gioco narcisistico di essere speciali: è la condizione che ti porti addosso e che vorresti togliere ma non puoi. I diversi si riconoscono subito tra di loro perchè la diversità ti lascia sempre una sfumatura addosso. Da lontano capisci che l’altro conosce il sapore del voler far parte e non riuscire. I diversi tentano di essere normali, a volte sono ossessionati dalla normalità ma non esiste questo paradiso. La normalità non è un Paradiso perduto: non esiste
Alla fine credo di aver capito che è questo senso di diversità che dà sensibilità. Perchè impari, molto presto, a riconoscere sottili differenze e a declinare le tante regole necessarie per appartenere. Le puoi anche applicare ma quella sensazione di diversità è interiore e non sparisce. Ha come cura la condivisione perchè nel momento in cui condividi non ci sono più differenze. Sperimenti, come diceva Daniel Stern, psicologo infantile, la communion che – affermava – è la base dalla quale nasce la matrice relazionale. Non è la conformità che cura la ferita della diversità: è la condivisione. E, in fondo nella diversità sta la sopravvivenza della specie umana.
L’assunto è che ogni momento di cambiamento implichi una “esperienza reale” inaspettata, riguardante la relazione tra due (o più) persone in un intervallo di tempo che viene esperito come “ora”. “Ora” è un momento presente con una certa durata, che mette in scena una breve storia emozionale riguardante la loro relazione. Tale esperienza viene vissuta da entrambi, nel senso che ciascuno partecipa intuitivamente all’esperienza dell’altro. La condivisione intersoggettiva della loro mutua esperienza è colta da entrambi senza essere necessariamente verbalizzata ed entra a far parte della conoscenza implicita sulla loro relazione. Daniel Stern
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione
Foto di ©antonio_bignami
Lascia un commento