Spesso sottolineo l’importanza delle parole: le parole disegnano le sensazioni e, come dice Lowen, sono una funzione della coscienza. Così usare una parola diversa spesso significa cambiare – o aver cambiato – quello che le sta dietro, il suo significato interiore.
Noi usiamo spesso la parola bisogno. Una parola che a volte amiamo e a volte detestiamo perchè può metterci in una condizione di sulbalternità. In realtà molto, molto spesso, ho la sensazione che questa parola potrebbe essere opportunamente sostituita dalla parola fame. “Ho fame di te” mi sembra molto più rispondente al vero di “ho bisogno di te”, una frase che può essere corretta un numero limitato di volte.
Inoltre la fame, a differenza del bisogno, comunica un senso di padronanza che nel bisogno non c’è. Ho fame ma posso aspettare. Ho fame ma posso fermarmi qui. Ho fame e non voglio fare indigestione. Oppure ho fame e sono ingordo fino all’indigestione.
La fame – quando non è quella di base, essenziale – ci rimanda alla responsabilità del nostro impulso, del nostro desiderio e della nostra spinta verso l’esterno. Ci mette in una posizione attiva e non passiva.
Il punto, con la fame, semmai è un altro. È che la nostra fame essenziale non è quella per il cibo ma per il contatto. Ed è lì che le cose si mischiano, confondono, invischiano.
Impara a sostituire il giudicare con l’esplorare, l’aver ragione con l’essere autentico, l’ansietà con l’eccitazione, le limitazioni con le possibilità. Virginia Satir
Pratica del giorno: Protendersi
© Nicoletta Cinotti 2016 Cambiare diventando se stessi
Illustrazione di @Yumi Sakugawa
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