
Tutti noi incontriamo nella vita problemi che sembrano irrisolvibili. Ci sforziamo, cerchiamo soluzioni, proviamo varie alternative per scoprire che nessuna funziona davvero. Nella pratica zen vengono poste delle domande che hanno il compito di insegnarci a stare con questi problemi irrisolvibili. Sono i koan. Domande un po’ paradossali che lo studente zen deve cercare di comprendere. E che assomigliano tanto al problema irrisolvibile che spesso ci accompagna. Per alcuni di noi il koan è una domanda che riguarda la difficoltà a trovare un partner. Per altri la difficoltà a rimanere in una relazione stabile. Per altri ancora il ripresentarsi delle stesse difficoltà, più e più volte: cambia lo scenario ma la difficoltà è sempre la stessa. E la soluzione sembra sfuggirci sempre
Anche durante il protocollo MBSR viene posto un koan che è una specie di gioco: 9 punti da unire con quattro linee continue. Ha la stessa natura dei koan: apparentemente pone una richiesta assurda. Eppure una soluzione c’è e la cogliamo attraverso l’intuizione, in un lampo. Nel protocollo non è tanto importante trovare la soluzione – facilmente reperibile su internet – quanto esplorare il modo in cui stiamo di fronte al problema. Diventiamo impazienti? Siamo colti subito da scoraggiamento? Lo affrontiamo come se fosse una sfida?
Credo che Kabat Zinn – praticante zen – abbia inserito questo koan proprio perchè lo stress della nostra vita, in fondo, altro non è che una domanda paradossale con una risposta paradossale. La domanda paradossale è “Come possiamo essere felici dentro alla sofferenza”? “La sofferenza è eliminabile?” È qui la mindfulness presenta la sua vera natura invitando ad interrogarci sulla bontà delle soluzioni che abbiamo trovato. Siamo sicuri che siano state buone soluzioni o che non siano diventate, con il tempo, peggio del problema che volevamo risolvere? E cosa possiamo fare di alternativo? La risposta ci stupisce: smettere di sforzarsi e accogliere il nostro problema come un vecchio amico che aspetta di essere riconosciuto per quello che è: una occasione di crescita. Un amico che chiede di essere accolto anziché combattuto, ascoltato anziché zittito. Riconosciuto anziché negato.
Invece che cercare di risolvere il nostro problema lasciamo che ci indichi la direzione, ascoltandolo senza pregiudizi. Con il corpo prima ancora che con la mente. Forse sarà l’occasione per diventare davvero noi stessi.
Quando voi diventate voi, il mondo intero si innamora. Eshin
Pratica formale di mindfulness: Va bene così (Meditazione live) Oppure la pratica su FB alle 7.30
Pratica informale di mindfulness: Prova solo per oggi ad accogliere il tuo problema irrisolvibile come se fosse un vecchio amico che ti sta indicando una direzione.
© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione