Ci sono emozioni così penose che vorremmo cancellarle. Altre, così fastidiose che vorremmo purificarle per purificarci. Le emozioni però sono quanto di più spontaneo e inevitabile abbiamo. Possiamo averne padronanza o controllo, sapere quando e come esprimerle ma non scegliere cosa e quanto proviamo. Quello rimane un terreno che, per quanto ci sforziamo, sfugge al nostro controllo e che, a volte, rende penoso il contatto con noi stessi e con il mondo.
Vero è che le emozioni sono fatte della stessa natura, mutevole e in trasformazione, della vita. Sono fatte e rifatte in qualsiasi momento, se non le rendiamo solide aggrappandoci ad esse o identificandoci.
Possiamo trasformarle con piccoli interruttori: l’interruttore del contatto piacevole, che ci riporta al momento presente. Può essere un contatto relazionale anche casuale, ma che, con il calore che ci rimanda, interrompe la spirale negativa.
L’interruttore del lasciar andare, tornando alla continua e assoluta novità del presente.
L’interruttore del corpo che radica la nostra attenzione e la rende stabile.
E, infine, l’interruttore generale, quello che non ci fa identificare troppo saldamente con ciò che proviamo. Noi sperimentiamo sensazioni fisiche, emotive e pensieri ma la nostra identità non è la somma di queste sensazioni. La nostra identità sta nella continua capacità di conoscenza delle esperienze che viviamo.
La cosa centrale con le emozioni è comprenderle e trasformarle, senza cercare di purificarle o cancellarle, in parte perché alcune delle nostre emozioni sono strutturate nel nostro cervello – e noi siamo disegnati per provarle. Non possiamo semplicemente sbarazzarcene. Paul Gilbert
Pratica di mindfulness: Lavorare con le emozioni
© Nicoletta Cinotti 2015
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